Transcript
G.
Reale, PLATONE alla ricerca della sapienza segreta ATTUALITA’ DI PLATONE Platone si è trovato nel periodo rivoluzionario del passaggio dalla oralità alla scrittura, oggi noi ci troviamo in un altro periodo rivoluzionario, quello del passaggio dalla scrittura alla comunicazione attraverso i mass-media, dove regna l’immagine. In Grecia prima della scrittura la comunicazione era orale e avveniva attraverso ritmi e schemi ben precisi che rispettavano i meccanismi della memoria (si pensi ancor oggi ai proverbi). Dall’VIII al V secolo i testi scritti su cui si poteva imparare erano i poemi omerici, Iliade ed Odissea. Per facilitare la memoria, la musica ritmata e cadenzata della cetra era d’aiuto e ciò avveniva in vari momenti, compresi i pranzi. I poemi omerici erano stati scritti per supporto ai cantori, ma il libro, il testo scritto, non era considerati di gran valore ed era anzi oggetto di derisione nelle commedie di Aristofane. Questi primi testi scritti non poterono cambiare la cultura dell’oralità fintantoché non vi erano persone in grado di leggere in gran numero, cosa che avvenne solo nel V-IV secolo. Platone è stato profeta o no di questa rivoluzione? Secondo Havelock sì, eppure Platone ha anche parole critiche contro la scrittura. Così Platone difende l’oralità della poesia e della dialettica che non si possono trasmettere adeguatamente con il testo scritto. (del resto Platone ha distrutto i miti omerici, ma ne ha poi elaborato di suoi, legati alla razionalità). In effetti la comunicazione più profonda, anima ad anima, andava fatta per Platone oralmente, mentre la scrittura aveva solo una funzione tecnica di memorizzazione.
1
Capitolo primo: ALCUNI RILIEVI DI CARATTERE INTRODUTTIVO. UNA RIVOLUZIONE DI PORTATA EPOCALE NELLA CIVILTÀ GRECA. Platone nel momento dello scontro della nuova civiltù della scrittura con la tradizione culturale dell'oralità. Il predominio dell'oralità nella cultura greca fina al quinto secolo e il decisivo mutamento della tecnica della comunicazione nella prima metà del quarto secolo Fino al V secolo la cultura greca si basava sull'oralità, soprattutto per mezzo della poesia che, con la sua struttura, era facilmente memorizzabile. Già dall'VIII secolo i greci conoscevano la scrittura, ma essa veniva usata solo per scopri pratici: leggi, decreti, iscrizioni tombali. Ben pochi sapevano leggere, così solo nella prima metà del IV secolo l'alfabetizzazione può dirsi diffusa. I primi testi scritti furono le poesie di Omero, tra il 700 e il 650, ma servivano ai rapsodi per imparare a memoria in vista delle rappresentazioni. A scuola i bambini impararono a scrivere solo nell'ultimo terzo del V secolo. Comunque proprio all'epoca di Platone si stava concludendo quella trasformazione culturale che ha cambiato la storia dell'Occidente, e che va bene compresa se si vuol comprendere Platone stesso. Per molto tempo la tecnica orale e quella scritta opereranno insieme. Il primo libro in prosa scritto fu di Anassagora a metà del V secolo, convinti sostenitori di questa divulgazione furono i sofisti e gli oratori. Protagora e soprattutto Isocrate. La posizione di Platone nel momento del passaggio conclusivo dalla cultura dell'oralità alla cultura della scrittura Su questo punto la posizione di Platone potrebbe sembrare contraddittoria: da un lato ha attaccato la cultura orale poetico-mimetica, dall'altro lato ha difeso l'oralità ponendola al di sopra della scrittura, ad essa il filosofi deve affidare le cose di maggior valore. Nella Repubblica abbiamo la più forte condanna di Platone della poesia. Havelock ha capito che si può comprendere Platone solo collocando all'interno di questo fondamentale periodo di passaggio, per lui Platone è stato il profeta della vittoria della scrittura sull'oralità. Il liberarsi dalla fatica della memoria, da una educazione basata sulla imitazione del personaggio omerico rese possibile il pensare concetti (al posto di rappresentare immagini) e quindi il sistema platonico (teoria delle idee). Attualità del periodo: allora la scrittura vinceva sull'oralità, oggi stiamo passando ad una cultura basata sull'immagine. Ma quando Havelock fa derivare l'elaborazione di nuovi concetti dall'affermazione della scrittura, delle nuove tecniche di comunicazione e pubblicazione opera un
2
passaggio indebito. È vero piuttosto il contrario, furono le nuove istanze spirituali attrattive a richiedere la diffusione della scrittura. Del resto Havelock non tiene conto della critica alla scrittura operata da Platone nel Fedro e nella lettera VII. Così Platone era consapevole dei rischi che la scrittura portava con sé e difendeva l'oralità. In realtà Platone ha attaccato l'oralità poetico-mimetica ed anche quella degli oratori (Lisia, Isocrate, ma anche i sofisti), ma ha anche pensato ad una forma diversa di oralità, l'oralità dialettica di cui Socrate fu maestro da preferirsi perché unica in grado di comunicare i grandi messaggi della filosofia (cosa che neppure la scrittura era in grado di fare). La problematica della poesia e della mitologia Così Platone può dire di essere un nuovo poeta con una nuova forma di poesia superiore alla commedia e alla tragedia, recupero così il mito, ma in una forma nuova, un mito filosofico. I miti delle tragedie portavano alla corruzione intellettuale e morale, mentre i suoi miti rendevano comunicabile il discorso razionale. Havelock non conosceva la tematica metafisica di Platone, non conosceva la seconda navigazione, egli trascura il fenomeno della religiosità greca prendendo come unico modello valido quello della religiosità guidaico-cristiana, infine non tiene conto della questione dell'erotico in Platone.
3
Capitolo secondo: L'ORALITA' POETICO-MIMETICA CARDINE DELLA CULTURA E DELLA FORMAZIONE SPIRITUALE DEI GRECI E SCONTRO FRONTALE DI PLATONE CON ESSA La poesia è priva di valore conoscitivo e di capacità educativa perché fondata sull'imitazione nella sfera della pura opinione La Repubblica come manifesto programmatico di un nuovo e rivoluzionario tipo di educazione spirituale che Platone proponeva ai greci Il titolo Repubblica è fuorviante, solo un terzo dell'opera parla di politica, gli altri due terzi parlano, infatti, di educazione.
Così questo testo contesta prima di tutto la tradizione ellenica di educare e i poeti che sono di esso il fondamento. In quest'opera, allora l'interesse di Platone non è teoretico, bensì pratico, e riguarda il formare le anime. Gian Giacomo Rousseau aveva affermato che la Repubblica è la più bella opera di educazione del passato. Dunque qui Platone sostituisce alla forma tradizionale di educazione basata sulla poesia una nuova forma basata sulla filosofia. La poesia comunicata mediante l'oralità era presso i greci la fonte delle conoscenze storiche, morali, tecnologiche della comunità I poeti, fonte di educazione, erano anche funzionali allo stato, ne garantivano il fondamento culturale-educativo. Le loro opere erano come delle enciclopedie in versi, poesia come fonte di nozioni e sistema dottrinale. Del resto la poesia era nel tempo dell'oralità l'unico veicolo di trasmissione di conoscenze e di valori morali ed era essenziale per il sistema educativo. È questa la tesi di Havelock già però anticipata dal Vico. Naturalmente la poesia veniva "pubblicata" e trasmessa grazie alla memoria e lo si faceva in ogni momento, a scuola al suono della cetra, durante i banchetti, in famiglia, ai grandi spettacoli. Nell'ascoltare il testo l'uditore partecipava, era portato ad imitare il personaggio, a farne propri valori e atteggiamenti, si trattava di una identificazione emotiva ciò a prezzo della totale perdita dell'obiettività. La radicale critica di Platone all'oralità poetica fondata sulla "mimesi" della forma Platone contesta l'identificazione con i personaggi delle poesie perché ciò provoca "l'imitazione di una grande quantità di modelli che compromettono
4
il poeta si serve di nomi e frasi. Così l'artista è solo "imitatore di immagini della virtù" (Repubblica). non si fonda sulla conoscenza del vero. Egli non ha la scienza delle cose e neppure una retta opinione e corrompe l'uomo perché fa leva sul suo lato irrazionale e passionale. Platone contesta la forza educativa di Omero con grande ironia Nessuno cita infatti Omero quale grande fondatore di città e neppure ha egli guidato o vinto una guerra. La conoscenza dell'essere sensibile in divenire è chiamata da Platone doxa. in armonia. ma al contrario forti. L'opinione legata al divenire è debole e la poesia si basa su di essa. né ha fondato una scuola e risulta amato dai discepoli (come Pitagora). pacati. Ma sono anche i contenuti. la poesia (e in genere l'arte) imita queste imitazioni ed è allora imitazione delle imitazioni. tali da far presa immediata con la gente che ne resta affascinata. Essi. ad essere contestati da Platone.l'unità della personalità e la disperdono in una disordinata e contraddittoria molteplicità che corrompe i costumi" (44). Per il bello e il suadente non si può tradire il vero. parla di situazioni e strategie senza conoscerle. non calmi. sull'essere sensibile e non raggiunge neppure il livello di opinione retta e verace. L'addio ad Omero nel libro decimo della Repubblica e l'apertura di una nuova epoca culturale (50) Sempre nel Repubblica. non solo la forma. Le cose fisiche sono imitazioni delle Idee. colpendo solo con ritmo e musica. si basa sul lato passionale dell'uomo e così ne deprime il lato razionale. Il poeta è come il pittore e fa opere di poco valore se rapportate alla verità. virtuosi e saggi. non crea verità. né fatto scoperte scientifiche. 5 . 49). si trovano ad una triplice distanza dalla verità in quanto imitazione di imitazioni. Per questo i poeti vanno banditi dalla Città ideale (sono tutte posizioni presenti nel Repubblica). ma sull'opinione. mentre la vera conoscenza è l'episteme. pieni di contraddizioni con tutte le variazioni possibili dei caratteri (se no non viene l'epica e la tragedia). Il poeta è uno pseudo-Demiurgo. L'imitazione potrebbe essere positiva se riguarda personaggi di valore. infatti. Così il filosofo è l'opposto del poeta perché è amante e conoscitore del vero essere (il filosofo "contempla ciascuna delle realtà che sempre rimane identica a se stessa e nel medesimo modo" Repubblica. ma l'epos e la tragedia presentano ben altri personaggi. È in nome della ragione che si deve abolire la poesia e l'antagonismo tra poesia e filosofia è di vecchia data.
E allora alla rappresentazione per immagini bisognava sostituire il pensare per concetti. Ma così egli non ha considerato l'attacco di Platone alla scrittura stessa e la difesa di Platone dell'oralità. una nuova era intellettuale era alle porte. Questo è quanto sostiene Havelock affermando che ciò che rese questo possibile fu l'avvento della scrittura. era ora necessario un nuovo linguaggio. Ma l'oralità esaltata da Platone non era quella poetico-mimetica. e Platone era consapevole che si trattava di una vera e propria rivoluzione. 6 .
Questa nuova forma comportava però una rivoluzione. affermando il primato della ragione sui sensi. Ad essi e a Socrate spetta il merito. Tale oralità richiedeva il testo scritto per essere ricordata (l'oralità omerica non lo richiedeva data la memorizzazione consentita dalla poesia). i presocratici. così anche in poesia troviamo la nuova oralità. di un linguaggio nuovo. e soprattutto come in Parmenide che fa uso. non è pensabile una scrittura senza l'oralità. Vi sono però anche esempi di poesia che attaccava la poesia omerica poetico-mimetica. ciò stava accadendo. filosofico. come nel caso si Senofane che attacca la poesia con la poesia. nel pieno tempo dell'oralità. l'oralità dialettica. ma dipende in larga misura dall'oralità (59) Nella scrittura rivive l'esperienza orale. La prosa di Melisso scardina tutto il mondo omerico. si un nuovo linguaggio che si esprimeva nell'oralità. va intesa nel senso che lui porta a compimento ciò che altri avevano già cominciato a realizzare. quella creata dai filosofi (aspetto questo che Havelock non aveva compreso). era cioè necessario passare da un pensiero limitato alle immagini ad un pensare per concetti. infatti. come sostiene Havelock. nel suo poema poetico. Sempre nel tempo dell'oralità troviamo il genere letterario della confutazione in Zenone. in filosofi orali.Capitolo terzo. Precursori di Platone La novità realizzata da Platone. Il vertice della metodologia socratica del dialogo confutatorio e maieutico (55) Insieme con il sorgere della speculazione filosofica è nata una nuova forma di oralità nettamente distinta da quella poetico-mimetica (57) Si tratta della nuova forma di oralità. LA NUOVA FORMA DI ORALITA' CREATA DALLA FILOSOFIA E CONSIDERATA DA PLATONE UN MEZZO DI COMUNICAZIONE IRRINUNCIABILE Dall'"oralità" all'"oralità dialettica". 7 . Allora non è vero. che solo la scrittura ha consentito il superamento dell'oralità omerica. e già prima di Platone. La scrittura non è un mezzo di comunicazione del tutto autonomo.
8 . L'oralità dialettica prima di Platone trova il suo vertice poi in Socrate.Gli studi matematici di Pitagora confermano tutto ciò (tanto che Havelock negava l'esistenza di Pitagora e faceva del pitagorismo un movimento di poco anteriore o contemporaneo a Platone).
Con questa tecnica Socrate risponde a Fedro rifacendo il discorso di Lisia in maniera ora perfetta. lasciando il compito della loro comunicazione all'oralità dialettica. perciò solo chi è filosofo è vero scrittore. Platone lo fa nel Fedro in aperta polemica con coloro che si ritenevano i migliori scrittori. i retori come Lisia. la ritiene inferiore all'oralità. mito del carro alto trainato da due cavalli e guidato dall'auriga. mancano le premesse ed inizia con le conclusioni. La grandiosa prova di maestro dello scrivere fornita da Platone mediante il secondo discorso di Socrate nell'agone (83) Siamo ai vertici dell'arte oratoria. Mentre invece: "Ogni discorso deve essere composto come un essere vivente che abbia un suo corpo. la difende e indica le regole per scrivere in maniera perfetta. il genere è mitico-poetico. ma abbia le parti di mezzo e quelle estreme scritte in maniera conveniente l'una rispetto all'altra e rispetto al tutto" (dal Fedro).Capitolo quarto: IL MODO PROVOCATORIO CON CUI PLATONE DIFENDE LA SCRITTURA E SI PRESENTA COME VERO MAESTRO DELL'ARTE DELLO SCRIVERE Le regole del giusto modo di scrivere e di parlare e i criteri secondo cui Platone ha composto i suoi scritti teorizzati e difesi nel Fedro (73) Il Fedro come manifesto programmatico di Platone come scrittore e come filosofo (75) Platone critica la scrittura. al tempo stesso. mentre l'unico grande scrittore è solo lui. sulla filosofia. Pianura della Verità. sicché non risulti senza testa e senza piedi. legge di Adrastea sul destino delle anime etc. però. procede senza ordine e in maniera confusa. Ma alla fine del Fedro Platone afferma che il filosofo non affida allo scritto le cose di maggior valore. anche se poi lo tronca a metà dato che i contenuti non sono condivisibili. Fedro riporta il discorso di Lisia sull'Eros. La prima prova della superiorità di Platone su Lisia nell'arte dello scrivere (79) Oratori e sofisti erano stati determinanti nello sviluppo e diffusione della scrittura nella prima metà del IV secolo. Lo scrivere deve basarsi. 9 . mondo dell'iperuranio. infatti. perfetto stilisticamente ma non corretto nella logica. sull'arte dialettica.
Leggi. la mania umana (desideri. Conoscere il metodo con cui essa si raggiunge e la si comunica 3. Sofista. ad anime complesse discorsi complessi etc. piaceri. Repubblica. Apologia di Socrate. dietro di lui si nasconde Platone. Per trasmettere i discorsi con arte è poi necessario per lo scrittore individuare l'essenza del destinatario. Parlando dell'Eros nel suo discorso Platone ha raggiunto l'idea di mania e poi l'ha suddivisa in tutti i modi possibili. Socrate nei dialoghi è la maschera emblematica del vero filosofo.). poiché era un processo di stato se avesse raccontato il falso avrebbe commesso un reato. Le ragioni per cui la maggior parte degli scritti platonici si intitola con il nome del deuteragonista e le conseguenze che questo comporta (91) Eccezioni: Simposio. stile adeguato. Politico. Qui Platone ha fatto un racconto fedele. ma ciò. Nel Protagora e nel Timeo il nome è del protagonista. il tipo di discorso da presentare al tipo di anima destinataria (discorsi giusti a persone giuste. Conoscere la verità della cosa che si vuole comunicare 2. Le regole dello scrivere di tanti autori sono importanti ma non sufficienti perché non garantiscono l'unità organica del testo. secondo Platone. Due volte nell'Apologia cita se stesso per sottolineare che era presente al processo.) e divina. molto migliore. cioè della filosofia. Conoscere l'anima delle persone a cui ci si rivolge. Per fare ciò è necessario discernere lo stile. es. Solo nell'Apologia il protagonista è effettivamente Socrate e lì appare anche con posizioni che Platone non condivideva (p.Qui il tutto è un discorso orale di Socrate che viene però chiaramente presentato come modello di discorso scritto. la quale raccoglie i dati dell'esperienza in un'unica Idea per definire la cosa di cui si vuol parlare ed esamina poi l'Idea ottenuta. Il metodo dialettico e le tre grandi regole dell'arte dello scrivere discorsi in modo corretto teorizzate nel Fedro e che Platone ha seguito nella composizione dei propri dialoghi (88) Un discorso persuasivo si può fare solo sulla base della dialettica. ingordigia ubriachezze etc. perché sapevano di non saper scrivere con successo. cioè l'anima e il suo discorso avrà il compito di guidare le anime. Quindi: 1. è biasimevole scrivere male! A quei tempi i politici biasimavano gli scrittori. 10 . come riconosce Fedro. Socrate è dubbioso circa l'immortalità dell'anima). di quello di Lisia! Perciò non è biasimevole scrivere.
A questo punto. ma il verosimile. Per questo non si può oggi risolvere la questione delle date dei Dialoghi basandosi sulla presenza o assenza di certe dottrine. A volte Socrate tace perché l'anima dell'interlocutore non è proprio in grado di comprendere. A volte esse mancano perché l'interlocutore non era in grado di comprenderle. Un dialogo semplice come il Critone non è tale perché Platone era ancora giovane. cioè agli Dei! Anche se questa strada è più lunga e più faticosa di quella degli oratori.Da notare che nel Fedone quando si racconta la morte di Socrate si fa riferimento all'immortalità dell'anima questo perché ora Socrate è la maschera. si deve stabilire quando convenga farlo e quando no. bensì per la semplicità di Critone. Per questo parlando dell'amicizia Socrate nel Liside tronca il discorso. 11 . non perché Platone non le avesse ancora elaborate. stabilito come si debba scrivere. I titoli dei dialoghi sono un esempio di applicazione della terza regola. Così nel Repubblica Platone offre solo un'immagine del Bene (il sole) perché i suoi interlocutori (che erano i suoi fratelli Glaucone e Adimanto) non erano filosofi. si tiene cioè conto della capacità di comprensione dell'antagonista. perché Liside era un ragazzo e più di tanto non poteva comprendere (temperanza del filosofo). infatti il dialettico sa quando parlare e quando tacere. La risposta di Platone è qui sorprendente ne inserita nel contesto di una cultura nella quale la scrittura si era ormai affermata a scapito dell'oralità. il Gorgia (sull'oratoria) e il Parmenide. ma la persuasione e vince la causa che convince i giurati. Lo scrittore invece deve dire il vero per piacere ai padroni buoni. non chi dice il vero. così essi riuscivano bene a convincere la gente. Lo stesso nel Carmide dove Socrate parla con un giovane. e qui parla Platone. Nei tribunali infatti non conta la verità. La via lunga e difficile che si deve percorrere per imparare e praticare la vera arte dello scrivere (96) Per Platone l'oggetto dello scrivere degli oratori non era la verità. Per lo stesso motivo i dialoghi più impegnativi sono il Protagora (sulla virtù e sull'educazione). ma solo ammiratori della filosofia.
Dalla scrittura non nasce vera sapienza. non risponde. All'opposto è il discorso orale di cui lo scritto è solo pallida immagine. nell'ambito della rivoluzione culturale di quel tempo. e non può difendersi (lo scritto). e così il loro sarà solo un richiamare alla memoria (Fedro). cioè opinione. Aristofane nella commedia Le Rane aveva ridicolizzato l'opinione comune contestata anche da Platone. Scrittura e memoria: la scrittura non è un farmaco della memoria. Eppure si associava la dea della memoria Mnemosyne. non dall'interno. ma solamente un mezzo per richiamare alla memoria ciò che si è già appreso. mentre non è vero. Il motivo sta nel fatto che la scrittura separa il discorso fissato nel libro dal suo autore. essa era però convinzione diffusa. ma era convinzione diffusa dal V secolo. nell'oralità prevale l'arte dialettica che comunica con scienza discorsi a chi la può capire. da dentro di sé. ma apparenza di sapienza. lo rende come un'immagine inerte di quello orale e lo priva di quel soccorso di cui necessita da parte dell'autore. 12 .Capitolo V: LA SCRITTURA NON PUO' SOSTITUIRE L'ORALITA' DIALETTICA. è proposto a chi non lo capisce o lo fraintende. Nella scrittura prevale il mito. Così le cose "di maggior valore" sono affidate solo all'oralità perché solo l'oralità dialettica è in grado di comunicarle. non crea uomini sapienti. Questa posizione di Platone non era isolata. Lo scritto poi è morto. Chi legge crederà di sapere. IL FILOSOFO IN QUANTO TALE DEVE COMUNICARE I SUOI MESSAGGI SUPREMI SCRIVENDOLI NON SUI ROTOLI DI CARTA MA NELLE ANIME DEGLI UOMINI I limiti strutturali degli scritti discussi nelle autotestimonianze del finale del Fedro e della Lettera VII e i legami strutturali fra gli scritti e le "dottrine non scritte" di Platone (99) Le idee-cardine dell'autotestimonianza contenute nel finale del Fedro (101) Si tratta sempre di stabilire quando lo scritto sia conveniente e quando no. Gli uomini con la scrittura ricorderanno le cose dall'esterno. Può davvero la scrittura sostituire del tutto l'oralità? Nel Fedro l'elogio della scrittura fatto dal dio Theuth quale portatrice di sapienza fu contestato dal re egiziano Thamus: la scrittura è portatrice di apparenza di sapienza. madre delle Muse. solo un mezzo per richiamare alla memoria. ma portatori di opinioni (103) Platone contesta che la scrittura sia il farmaco della memoria. proprio alla scrittura.
Le cose di "maggior valore" sono per Platone i principi primi e supremi. essi mirano più a persuadere che a insegnare. si scrive nell'anima degli uomini (Fedro) Il filosofo non mette per iscritto le cose che per lui sono di maggior valore. facendo crescere dei semi in otto giorni per adorare Adone. paragonato a quello fatto con i giardini di Adone. Sono cose che richiedono infatti lunghe ed intense discussioni. non in maniera facile come altre conoscenze (dunque non sono incomunicabili come pensava una certa interpretazione di Platone). Eraclito e Tucidide scrissero e misero a disposizione il loro testo. 13 . esse perciò possono essere comunicate. anche se su di esse si fonda il soccorso ultimativo agli scritti (114) Nei testi scritti c'è più gioco che verità. allora. I migliori scritti servono solo per richiamare alla memoria ciò che si è appreso in altro modo. pensava di poter già mettere per iscritto le cose di maggior valore.) il quale. Esse possono anche essere messe per iscritto (Platone stesso dice che avrebbe potuto farlo). pur sapendo che potranno essere pienamente comprensibili solo a pochi. ma dopo lunga ricerca. né ci sarà mai" (lettera VII). Lo scritto come gioco e l'oralità dialettica come serietà: lo scrivere sui rotoli di carta e lo scrivere nell'anima degli uomini (111) Lo scrivere è un bel gioco. è superiore. perciò. Nascono le prime biblioteche private Nel Fedro Platone attacca la lettura solitaria e difende la prassi della lettura comunitaria con l'autore. ma non conviene farlo proprio per questo. per gli oratori lo scritto manca totalmente delle possibilità comunicative del discorso orale (tono di voce. chiunque se lo poteva leggere (se lo capiva)! Così si era anche diffuso il commercio del libro. mentre dice Platone: "su queste cose non c'è un mio scritto. ma con la conseguenza di vederli morire poco dopo senza aver dato frutti. ascoltato una volta Platone. anche se lentamente e a fatica. affinché nell'anima del discepolo nasca la verità. Nella lettera VII Platone racconta il suo rapporto don Dionigi di Siracusa che. mentre inizialmente il libro veniva letto in gruppo alla presenza dell'autore che poteva portare chiarimenti e rispondere alle domande. Era comunque questa una convinzione propria anche di altre persone. cioè nei discorsi orali scritti nelle anime dei discepoli. pause etc.Ormai c'era anche la lettura solitaria. Attraverso l'oralità dialettica. dato che molti. coltiva e poi raccoglie al tempo opportuno (Fedro). L'oralità è invece il lavoro serio dell'agricoltore che semina nel giusto terreno.
14 . dato che sono riassumibili in pochissime parole (Lettera VII) Le dottrine non scritte di Platone tramandateci dai discepoli e i nessi strutturali che le collegano strettamente agli altri scritti (117) La dizione "dottrine non scritte" si deve ad Aristotele. Ma scrivere su di esse è per Platone impossibile dato che chi vi scrive non le può aver capite. In qualche caso Platone rimanda la soluzione ad altra volta. credendo falsamente di aver capito. ai principi primi della realtà che sono anche una sorta di "soccorso" ai dialoghi scritti per aiutarli a superare la loro debolezza. omette la risposta. hanno capito queste dottrine. oppure.leggendo e non capendo. indicano ciò di cui mancano. Al tempo stesso i dialoghi segnalano la mancanza di qualcosa di più profondo. perciò la loro testimonianza è credibile. dice Platone stesso. In tal modo si possono spiegare le mancanze e i silenzi presenti nei dialoghi. si tratta proprio di un rimandare alle dottrine non scritte. cioè. si farebbero superbi e presuntuosi (Lettera VII). Queste cose di maggior valore non hanno poi bisogno dello scritto neppure al fine di ricordare. se no le rispetterebbe. all'oralità. si richiama. Una sola eccezione in ciò è possibile. Platone stesso nei dialoghi fa diversi riferimenti allusivi alle dottrine non scritte. le disprezzerebbero. quella dei discepoli dell'Accademia i quali.
Capitolo sesto: POESIA E LOGOS IL MODO IN CUI PLATONE PRESENTA SE STESSO COME VERO POETA COMICO E TRAGICO La radicale novità con cui Platone accetta la poesia e la sua funzione educativa nello Stato ideale (121) Nato poeta. né presentare dei ed eroi coinvolti dalle passioni. incontrando il giorno dopo Platone. Le mamme devono sì raccontare le favole ai bambini. ma al tempo stesso dice anche tutto il suo amore per essa. no a loro rapine ed imprese terribili. così neppure gli dei e gli eroi. la bruciò e si diede alla filosofia. unici in grado di trasmettere scienza. nuovi. capì che il cigno era lui (Diogene Laerzio. fonte di valori e verità. fuori di senno e dice solo ciò che le Muse gli ispirano. si devono evitare termini che incutano paura. Così nella Città ideale i poeti devono sottostare a rigide regole per svolgere il loro compito educativo e formativo: no alle lotte fra gli dei. Platone non poteva se non rimanere poeta per tutta la vita. così il poeta è invasato. Ma il dio Efesto gli fece dono della poesia filosofica. Anche nel Fedro Platone aveva parlato di un poeta fuori di senno. ma anche di essere il miglior poeta tragico e comico! (finale del Simposio) Socrate sognò di avere un cigno sulle ginocchia che poi prese il volo e cantò con dolcezza. il dio non deve mai essere causa di un male. ma le favole giuste e buone. non presentare uomini disonesti felici e onesti infelici (15 regole a pag. non è arte né scienza e deve la sua capacità coinvolgente ed affascinante ad una forza divina paragonabile a quella di un magnete (lo dice nello Ione). ma solo i filosofi. dei ed eroi non devono ridere. Vita dei filosofi). anche dopo essere diventato filosofo (123) Platone dimostra non solo di essere il miglior scrittore. Nel Repubblica Platone attacca la poesia. non deve cambiare forma. Platone pensa ad un mito e ad una poesia diversi. Non i poeti ispirati. fra i figli e i padri. Diogene Laerzio ci dice che Platone mentre stava per partecipare ad una gara con una tragedia udì la voce di Socrate. no ad azioni nefande di dei ed eroi. così nei dialoghi abbiamo il tragico e il comico al servizio della verità. utili per la formazione dello stato ideale. devono essere educatori! Ma Platone ha condannato il mito e la poesia omerica. non si deve presentare ai giovani la menzogna. purtroppo essa non trasmette il vero. gli uomini illustri non devono piangere di fronte alle disgrazie e presentarsi deboli. non il mito e la poesia in quanto tali. non deve ingannare. 15 . non si deve immettere nei giovani la paura della morte descrivendo un Ade tremendo. 130). no ad esempi di avidità e amore delle ricchezze.
liberi. non solo tragico o comico. mentre i governanti sono formati dalla filosofia. in esso alcuni invitati propongono fa un discorso in onore di Eros. sofista. il poeta non è più un fuori di senno. quella dell'uomo virtuoso. sono l'esempio da seguire. medico. tuttavia la poesia resta a livello di opinione. Questi sono gli esempi che i poeti devono rappresentare. nella nuova forma d'arte da lui creata (come anche riconosce Nietzsche) come imitazione della realtà. Così Platone dimostra di essere in grado di imitare perfettamente il comico e il tragico. non di una sua imitazione. Il poeta Agatone dà un banchetto per festeggiare la sua vittoria nella tragedia. resta la dimensione imitativa. ma vince sempre.Implicanze e conseguenze di questo recupero della poesia nello Stato ideale (131) Ma la poesia riguarda solo la formazione dei custodi. politico. la poesia che trasmette opinione del vero con i miti è da considerare buona. dotati di virtù. ma di imitazione del vero di cui gli uomini temperanti. Alcibiade alla fine dopo aver incoronato Agatone vuole incoronare anche Socrate il quale non vince una sola volta. Qui Platone con grande abilità prepara discorsi diversi in perfetto stile retore. Platone è il nuovo poeta che realizza tutto ciò ed è ironico quando nel Repubblica dice ad Adimanto: "almeno fino ad oggi né io né tu siamo poeti". Come Platone ha dimostrato con i suoi dialoghi di essere il più grande poeta comico e tragico del suo tempo e come lo ha espressamente dimostrato nel Simposio (134) Nel Simposio Platone dimostra di essere lui il miglior poeta comico e tragico del momento. ma in particolare emergono qui il comico Aristofane e il tragico Agatone. Alla fine di fronte a Socrate Aristofane e Agatone devono ammettere che il vero poeta è colui che è al tempo stesso tragico e comico. coraggiosi. no al molteplice) e questo anche se la poesia non dovesse più divertire negli spettacoli!. allora essa riguarderà anche i futuri governanti. le altre parti vanno abolite (sì all'uno. Se è vero che la poesia resta a livello di opinione. In realtà se la poesia deve formare i bambini. 16 . solo una parte deve essere da lui rappresentata. da qui un valore formativo generale. giovane rendendo credibili i personaggi che parlano. Ma allora l'unico vero poeta è Platone e il vero poeta è il filosofo che cerca il vero ed ingloba in sé l'arte del comico e del tragico. essa può riguardare il vero o il falso. poi ora si parla ancora di imitazione.
17 . essi sono la vera poesia formativa che assorbiva in sé la commedia e la tragedia: la poesia filosofica.Nelle Leggi (libro VII) Platone indica i suoi dialoghi come testi da usare per l'educazione dei giovani.
materiale etc. la loro natura interiore. per rispettare le leggi. questa è la vera causa. Esso è la vera causa delle cose sensibili: è il mondo delle idee. ma a ciò che li lega insieme e dà loro coerenza e perfezione secondo un disegno intelligibile i suoni realizzano tale idea di bellezza a cui l'artista si è ispirato. (143) La metafora emblematica della "seconda navigazione" presentata nel punto-chiave del Fedone e il suo significato Nel Fedone Platone va alla ricerca della vera causa delle cose attraverso la seconda navigazione. l'essenza. nell'intelligenza.Capitolo settimo: LA METAFORA DELLA "SECONDA NAVIGAZIONE" E LA RIVOLUZIONARIA SCOPERTA PLATONICA DELL'ESSERE INTELLIGIBILE METASENSIBILE Teoria delle "Idee" e dottrina dei "Principi primi e supremi". Nel loro errore i naturalisti avevano affermato che si ottiene il due sommando uno ad uno. Loro importanza e loro portata. dai muscoli che l'hanno portato in carcere! Anassagora avrebbe dovuto spiegare allora che l'intelligenza opera in base al Bene che è un qualcosa di soprasensibile. Non si può ridurre la bellezza di una sinfonia ai suoni. Anassagora aveva trovato nel Nous. per questo i naturalisti hanno fallito! Socrate nel giorno della sua morte narra il suo lungo viaggio e la seconda navigazione (quella dei remi quando c'è bonaccia) intrapresa per raggiungere la verità. Socrate era andato in prigione perché quella era la scelta giusta. Così la causa delle cose belle non sta nel mondo fisico (colori. nella bellezza in sé di cui la cosa bella partecipa. causa materiale. La scoperta del mondo delle Idee e delle Forme intelligibili (148) Vi è un piano dell'essere che è sopra quello dei fenomeni fisici ed è conoscibile mediante l'intelligenza. non si possono spiegare le cose fisiche con cose fisiche. essi sono solo con-causa. ma anche dividendo l'uno in due parti. Idea è la traslitterazione del greco eidos che significa forma che deriva dal verbo idein che significa vedere.) ma nel mondo soprasensibile. un principio ulteriore causa di tutto. come possono dunque il sommare e il dividere ottenere lo stesso effetto? Una causa cercata nelle cose non riesce a spiegare il loro essere generate e il loro corrompersi. ma poi continuava a fare riferimento alle cose fisiche e non spigava come l'intelligenza ordinava le cose facendo riferimento al bene. 18 . non quella fisica che sarebbe costituita dal movimento. Con Platone idea indica il vero essere delle cose.
156-157). negli scritti troviamo infatti solo allusioni ai principi primi. Poiché le idee possono essere colte solo dall'intelletto esse sono prima di tutto intelligibili. Esso è allora principio formale. Allora la teoria delle idee non è la spiegazione ultima delle cose. Così. I principi primi al di sopra delle Idee: L'Uno e la Diade (154) Per i greci spiegare significa unificare. L'opera di determinazione dell'Uno è opera "buona" (e infatti l'Uno delle dottrine non scritte è il Bene della Repubblica. allora per spiegare le tante idee è necessaria una loro unificazione. Si può anche dire che l'Uno agisce sulla Diade (che è molteplicità illimitata) limitandola. allora il fondamento dell'unità delle idee è l'Uno (l'Uno metafisico che dà unità a tutti i livelli) e della loro molteplicità è la Diade la quale opera rendendo infinitamente grande e infinitamente piccola (cioè molteplice) l'unità. Se spiegare le cose è unificare. Ciascuna idea è poi una unità presente nel molteplice. In tal modo Platone rifiuta Eraclito per il quale le cose non hanno stabilità e Protagora per il quale le realtà erano qualcosa di soggettivo. così l'idea della bellezza spiega le tante cose belle. così è necessario un soccorso costituito dalle dottrine non scritte e questo Platone nel Fedone lo aveva fatto intuire (passi a pagg. è anche vero che le idee sono molte per cui si pone il problema del rapporto tra di loro e di una eventuale gerarchia.Platone chiamava questa capacità dell'intelletto di cogliere l'essenza delle cose "vista dell'anima" o "vista della mente". Da ciò deriva anche il fatto che sono incorporee. Infatti le lezioni orali erano intito19 . cioè principio che dà forma determinando la Diade. determinandola. Se però ciascuna idea è una. sono il vero essere che non nasce né perisce. un secondo livello metafisico: "la sfera della molteplicità delle idee dipende da una ulteriore sfera di realtà da cui le idee stesse derivano" (155). e costituendo le idee. È questa la sfera dei principi primi e supremi: è la seconda tappa della seconda navigazione: queste sono le cose di maggior valore trasmissibili solo oralmente. la quale è come un sostrato su cui l'Uno opera (la si chiama materia intelligibile). una volta risolta la questione del molteplice nel sensibile essa si ripresenta nel soprasensibile. Le idee sono immutabili e sono per sé. così le idee sono oggettive e assolute (cioè non relative al soggetto come in Protagora). non diviene. è una molteplicità unificata che solo il metodo dialettico coglie attraverso l'unificazione del molteplice. né si corrompe. Allora le idee sono un misto dei due principi.
cioè di unità e di molteplicità. Ogni forma di essere deriva dalla sintesi di Uno e Diade. ma si richiedono (uno non esiste senza l'altro). Così la forma polare è la struttura di base del pensare greco. sta qui la grandezza di Platone secondo Hegel. ma sono anteriori all'essere. il formale delimita il materiale. In questo senso allora i principi primi non sono essere. una stessa divinità è l'una e l'altra cosa (Apollo ha come simbolo l'arco e la cetra). In conclusione l'Uno è principio di essere poiché l'essenza nasce per delimitazione dell'illimitato. così il mondo è unità di coppia di contrari che non si eliminano. Ma già i presocratici avevano intuito la natura bipolare del reale. Aristotele aveva affermato nella Metafisica (libro I) che per Platone l'Uno è la causa formale delle idee mentre la Diade è la causa materiale. 20 . dato che solo ciò che è ordinato può essere conosciuto. Infine l'Uno è principio di valore in quanto ordine indica positività. Così Platone identifica l'Uno con il Bene e la virtù è l'ordine impresso dall'Uno (le lezioni delle dottrine non scritte in Accademia si chiamavamo Intorno al Bene). L'essere è generato a partire dai due principi. la teologia dei greci aveva una concezione bipolare sullo sfondo ad una divinità se ne contrappone una opposta. Importanza e portata epocale della teoria delle Idee e della dottrina dei Principi: È questa la tappa più importante di tutta la storia della metafisica occidentale. L'Uno è superiore alla Diade. ma i due principi sono ugualmente originari (ma è meglio parlare di un principio bipolare). Valenze ontologiche. l'Uno delimita la Diade. ma è anche principio di conoscenza e di verità perché solo ciò che è determinato è conoscibile. gnoseologiche e assiologiche dei Principi (159) L'Uno che determina la Diade. l'ordina e l'unifica dando luogo all'essere è anche a fondamento della conoscenza. quella che spiega il loro molteplice.late Intorno al Bene) in quanto determina l'illimitato e ciò che è determinato è perfezione e valore.
per esempio di altezza e larghezza. Gli enti matematici "intermedi" fra il mondo delle idee e mondo sensibile e loro funzione determinante (176) Gli enti matematici (da non confondere con i numeri e le figure ideali per i quali vi è un solo uno. geometria. ma l'essenza del due più l'essenza del tre non dà l'essenza del cinque!). Poiché per i greci il numero indica prima di tutto un rapporto. Così per gli architetti greci e gli artisti la forma perfetta era data da precisi rapporti numerici. Numeri ideali e struttura numerica delle Idee (171) Vi sono numeri e figure ideali e numeri e figure matematici intermedi tra il sensibile e l'intelligibile. loro ruolo essenziale nel pensiero di Platone e nei programmi formativi dell'Accademia (167) La questione della presunta epigrafe scritta sul portone dell'Accademia di Platone (169) Non abbiamo testimonianze certe circa la verità di tale iscrizione essa però esprime bene il programma che Platone intendeva mettere in atto nella sua Accademia perché la scienza dei numeri aiuta a raggiungere la sfera dell'intelligibilità. I numeri ideali sono i primi derivati dai due Principi primi. essa è scienza di ciò che sempre è (Repubblica). e la regola di perfezione era data da una proporzione numerica. I teoremi matematici non sono soggetti al divenire! Essi vanno usati prima di tutto per convertire l'anima dal mondo del divenire a quello della verità e dell'essere e solo dopo per vili questioni commerciali. cioè le essenze dei numeri matematici e non possono entrare nelle operazioni matematiche (due più tre dà cinque. Perciò chi non comprende la geometria non può entrare in Accademia. I numeri ideali sono quelli metafisici. Platone porta tutto questo sul piano metafisico. triangolo. tre. essi stanno ad indicare i rapporti che collegano le idee tra di loro e che permangono sempre nella loro stabilità. vi è allora un qualcosa di ulteriore alle Idee e i Principi primi operano in base ai numeri ideali consentendo il realizzarsi di un mondo delle Idee armonico e perfetto. La geometria ci volge al mondo delle essenze. due.) occupano un posto 21 . aritmetica. enti matematici intermedi.Capitolo ottavo: UNA SIGNIFICATIVA CIFRA EMBLEMATICA DELLA SCUOLA DI PLATONE: "NON ENTRI CHI NON E' GEOMETRA" Numeri ideali. cerchio etc.
Platone risolse però la cosa rinunciando all'intuizione e cercando una ontologia geometrica che fondi la geometria euclidea. 22 . Infatti essi come nel sensibile sono molti della stessa specie (tanti uno. anche se Platone nelle sue opere ha una posizione totalmente euclidea. della somma degli angoli interni di un triangolo. tanti cerchi etc. le leggi dell'essere il quale. es. tanti triangoli ed anche diversi tra loro. egli ha piuttosto semplicemente ontologizzato la matematica. Comunque Platone non ha costruito la filosofia sulla base della matematica. Essa andava allora affermata come assioma attraverso una intuizione.intermedio tra sensibile e intelligibile. tanti due. L'Accademia ha impresso una svolta decisiva alla geometria in senso euclideo (178) Ne è testimone Aristotele. La matematica è importante in Platone in quanto avendo come oggetti enti intermedi essa è come uno specchio che fa vedere il tutto: guardando alle leggi della matematica si intuiscono. Così per esempio si poteva affermare che l'angolo retto è sempre uguale. per analogia. che partecipò per vent'anni alla Accademia. mentre gli angoli acuto e ottuso possono variare e sono perciò espressione della Diade. comunque non è un qualcosa di matematico. In tal modo le dottrine non scritte stanno a fondamento della geometri euclidea. di 180°.) e come nell'intelligibile sono immobili ed eterni. in quanto espressione dell'Uno. A proposito delle parallele e del quinto postulato di Euclide e della somma degli angoli di un triangolo egli riporta nelle sue opere 18 passi non-euclidei sulla questione. la conoscenza matematica fa riferimento ad un piano intermedio tra i due. Oltre che intermedi gli enti matematici sono anche intermediari perché sono gli strumenti mediante i quali le idee sono presenti nelle cose e le cose partecipano di esse imitandole. mentre la conoscenza sensibile si rapporta al sensibile e la conoscenza dialettica al mondo intelligibile. Poiché inoltre per Platone vi è corrispondenza tra conoscenza ed essere ne consegue che. Il che significa che ci fu ampia discussione. Platone e i suoi giudicarono insufficienti i tentativi di dimostrazione p. Così nell'Accademia (che era il centro della ricerca matematica) si gettarono i presupposti della geometra euclidea. quello degli enti matematici (dato che la conoscenza matematica è superiore a quella sensibile ed inferiore a quella dialettica). tre etc.
Capitolo nono: ASTRAZIONE E DIALETTICA. Per Platone l'astrazione dialettica porta all'idea del Bene. la spogliazione da tutto per accedere ed unificarsi all'Assoluto. In realtà èl eseguì propria un'astrazione. coniati dalla mente per classificare la propria esperienza sensoriale. benché esistano in dipendenza dal mondo sensibile (in Platone sono indipendenti). Ne consegue che i principi primi saranno da un lato generalissimi. In Plotino l'astrazione indica il distacco. Vi sono due metodi in questo processo: quello sinottico-generalizzante che è ascensivo e dal particolare raggiunge l'universale e quello diairetico che scompone le idee più generali in idee particolari fino a quelle indivisibili. Aristotele nega il realismo esagerato di Platone. oppure gli enti matematici che però hanno una loro sussistenza reale. ma come semplici astrazioni (il suo era un paradigma anti-metafisico). La via dialettico-astrattiva che porta al bene e la sua definizione come Uno. In Aristotele l'astrazione è la sottrazione di alcuni elementi da altri. Il termine greco di astrazione è aphairesis che in Platone significa spoliazione. mai a solo pensieri. alla fine ci restano le forme. DEFINIZIONE DEL BENE COME "MISURA SUPREMA DI TUTTE LE COSE" Metodologia dell'astrazione sinottica e dell'analisi diairetica (dall'idea suprema alle idee particolari) che porta alla definizione del Bene (185) La posizione di Havelock sull'astrazione (187) Havelock eliminava o rielaborava tutti i fatti che non rientravano nel suo schema interpretativo. ciò che è più universale è più reale). benché unità al corpo e l'astrazione ce le fa cogliere. esse hanno realtà. non accetta l'esistenza di idee in sé e per sé staccate dal corpo. Nel Repubblica ci sono solo accenni all'uso di questi due metodi per raggiungere l'idea del Bene. Misura suprema di tutte le cose (192) Nel libro VII della Repubblica Platone polemizza contro chi negava che il Bene fosse definibile. la vera dottrina era infatti riservata all'oralità. ma il concetto greco di astrazione è ben diverso da quello usato da Havelock che si rifaceva all'empirismo inglese. dall'altro lato saranno anche i principi primi. 23 . universali (e per Platone. ma mai le riduce a semplici concetti. Così in Platone l'astrazione porta ad elementi reali. come concetti nel senso moderno del termine. Alla definizione dell'idea del Bene si arriva astraendola da tutte le idee. Così egli intendeva le idee non come l'essere per sé.
me ne finì deriso). ma di non volerne dare una definizione. infatti è delegata all'oralità. il sole. Ironicamente dice prima di non esserne capace (Platone avrebbe tentato ciò in una conferenza pubblica. I libri centrali della Repubblica come immagine scritta dei concetti centrali delle "dottrine non scritte" e delle lezioni "intorno al Bene" (196) Si può dire che tutti i dialoghi ruotano attorno all'idea del Bene. all'intelligibile ottiene ben altri risultati. Messaggi trasversali presenti nella Repubblica e fortemente allusivi alla definizione del Bene riservata all'oralità dialettica (199) Nel Repubblica Socrate circa il Bene fondamento delle virtù dice all'interlocutore che lui (l'interlocutore) ne ha già sentito parlare molte volte: ecco un altro rimando alle lezioni orali di Platone. non il capitale. il motivo vero è che lo scritto non può trasmettere una verità così grande ("che cosa sia il bene in sé lasciamolo stare per ora"). Il Bene è al di sopra dell'essere. del legame tra gli uomini. Dalle dottrine non scritte sappiamo che Platone diceva proprio che il Bene è la misura suprema di tutte le cose. eppure nella Repubblica non ne troviamo la definizione come ci saremmo aspettati. Dunque il valore supremo. Qui però Platone fa un'affermazione che poi non spiega. Glaucone reagisce con sorpresa: Apollo! Cioè a-pollon=non molto che è l'Uno. Lo stato ideale si costruisce proprio attorno all'idea del Bene. Dunque nel Repubblica Platone dice di sapere in cosa consiste l'idea del Bene. Ma come il sole è sopra le cose vedute e la vista. il Bene è anche la Misura (nella tavola dei valori che conclude il Filebo al vertice sta proprio la Misura) perché include in sé anche il bello. nel Liside è il fondamento dell'amicizia. ma da lui provengono l'essere e le essenze. così il Bene sta addirittura al di sopra della conoscenza e della verità. E allora Platone invece del Bene parla del figlio del Bene che è poi come pagare solo gli interessi invece del debito. 24 . Così ricaviamo che gli scritti sono solo gli interessi. l'ordine e la proporzione. raggiunge il vero.Per esempio nel libro VII della Repubblica Platone parla di una lunga via per arrivare al Bene che è misura perfetta. Le cose sono viste solo se illuminate dal sole. ma solo una immagine. così l'anima che quando guarda le cose che divengono (=poca luce) sembra senza intelligenza e può solo fare congetture. Una questione di tale valore. I messaggi trasversali riguardano il figlio del bene che è il sole. quando invece si rivolge al vero essere. dell'amore.
Nel libro settimo del Repubblica Platone dice in che modo l'aritmetica prepari alla comprensione dell'Uno. In passi precedenti Platone aveva poi fatto riferimento alla Misura perfettissima parlando delle virtù.Qui Platone fa così un ulteriore rimando alla dottrina che identifica il Bene con l'Uno. 25 .
muore e torna in vita (Simposio). è forza dinamica mediatrice degli opposti che spinge continuamente verso l'alto. bensì per acquisire la fama e l'immortalità. ASCESA ALL'ASSOLUTO MEDIANTE LA BELLEZZA Conoscenza e fruizione del bello. La generazione spirituale ha lo stesso scopo ma modalità differente. è una forza che porta alla ricerca e all'acquisizione dell'immortale.Capitolo decimo: EROTICA BELLEZZA E ANAMNESI. pieno di risorse. il rapportarsi con l'immortale. nella giusta misura che la struttura dell'essere. in particolare esso indica la ricerca del Bene mediante la bellezza. Eros nasce da Penia dea della povertà e da Poros. Il morire per gli altri è un modo di mantenere l'immortalità mediante la fama che se ne ottiene. Il Bello consiste nell'armonia. la procreazione indica la vittoria sulla morte. filosofo e incantatore. ciò perché egli è una forza intermedia. In questo senso Eros rappresenta anche l'esigenza naturale dell'uomo di cercare l'immortale a livello animale eros spinge alla procreazione fisica che un po' mantenersi in vita attraverso i nuovi nati. ma è anche audace e coraggioso. Eros viene presentato da Platone non come un dio. dunque con il Bene. 26 . Eros è una ricerca di procreare nel Bello sia fisico che spirituale. dio della capacità di procurarsi ciò di cui si ha bisogno ed è concepito il giorno della nascita di Afrodite dea della bellezza. qui si ama non per donare (questa è l'agape cristiana). Bellezza e anamnesi del mondo intelligibile (211) Conoscere è ricordare (anamnesi). che ottiene e perde tutto. l'anima ricorda le idee che vide nel prato della Verità nell'Iperuranio prima di cadere nel corpo. La scala dell'Eros (205) L'erotica come fruizione spirituale del Bello nelle dimensioni ontologiche e assiologiche (207) La fruizione del Bello non avviene mediante l'arte che si trova a tre distanze dal vero essendo imitazione di imitazione. rivelativa del Bene. essa è il ricordo presso i posteri mediante creazioni spirituali. Eros è bisogno del bello. ma come un demone. Egli lega gli opposti. Così Eros è sempre povero. nell'ordine. il divenire e l'eterno. mediatrice fra il divino e il mortale. Eros forza creatrice nel Bello e ricerca d'immortalità (210) Eros anima tutte le azioni attraverso le quali si cerca il Bene per ottenere la felicità.
ma non del tutto. egli non è sapiente (sarebbe un Dio) e non è ignorante (sarebbe uno che è convinto di essere a posto e quindi è statico. e che come tale non può essere possesso totale dell'uomo. Non è facile per le anime ricordare. e nella ricerca del bene ciò che si mostra è il bello). Essa è la forma migliore di presenza dell'intelligibile nel sensibile.. di conoscenza geometriche. non tutte ce la fanno ed è assai difficile vedere nelle cose materiali le idee di giustizia. Così per Platone filosofo è l'uomo temperante che conosce i propri limiti. temperanza etc. non ricerca). Eros e filosofia: due facce della stessa realtà (215) Dunque Eros è una forza intermedia che eleva al Bene e porta all'Assoluto. che la sapienza è propria solo di un dio. scalzo). Attraverso l'anamnesi l'anima si volge verso il vero Essere e ciò avviene in quanto sollecitata dall'Eros. 27 . Nel Fedone si dice che l'idea di cose quadrate o circolari è presente prima del vedere il quadrato o il cerchio in quanto questi non sono mai perfettamente tali.Vi è qui sullo sfondo la dottrina orfico-pitagorica della metempsicosi. Così l'anima infiammata dalla bellezze vola con il desiderio di accedere alle realtà intelligibili e in ultima analisi al Bene (del resto Bene e Bello per il greco si identificano. egli è uno degli esseri intermedi tra Dio e l'uomo. Eros non è bello o buono (dunque non è un Dio che è sempre bello e buono). appunto filosofo). Per questo stesso motivo (il fatto di essere intermedio) Eros è filosofo. Vi è una via erotica in cui si coglie a vari livelli la bellezza fino a giungere al Bello. In questo senso Eros rappresenta la figura del filosofo e Platone ce lo descrive proprio con i tratti di Socrate (brutto. Questo desiderio è l'Eros. particolare è invece l'idea di Bellezza che può essere colta attraverso i sensi (Fedro). Questa descrizione mitica ha un parallelo razionale. ma è sete di bellezza e di bontà. l'anima ha dimenticato le idee entrando nel copro. apparentemente. Salita nella "scala dell'Eros" e ascensione nella via della dialettica (216) La via di Eros corrisponde alla via della dialettica. o comunque il bello è un aspetto del bene. dialettico nel Menone quando Socrate interroga uno schiavo e riesce a fargli risolvere un problema di geometria con il teorema di Pitagora. ma è amante della sapienza (né ignorante né sapiente. pur essendo egli del tutto ignaro. duro. le conoscenze sensibili che sono immagini della realtà possono rendere possibile il ricordo. ispido.
Un terzo gradino è la bellezza presente nelle attività e nelle leggi umane. Il Bello come manifestazione del Bene-Uno a vari livelli (220) Il Bene è presente nel Bello. la simmetria e che le matematiche ci fanno conoscere nel migliore dei modi. è l'amore per la bellezza che è nei corpi. e dove allo stesso tempo Platone deride chi lo derideva. Perciò il Bene è Uno. ma quella dell'anima.Il primo gradino è quello dell'amore corporeo. dove si allude appunto a queste cose di maggior valore che potevano essere chiare solo ai suoi discepoli. fisico. ma in forma velata. 28 . L'amore psichico è allora di più alto livello di quello fisico. una nostalgia per l'assoluto. Eros spinge per un ritorno al nostro essere originario presso gli dei ed esprime. il Bene l'immortale. Eros è la continua ricerca del Bene attraverso il Bello. In quel racconto comico si doveva capire che Eros è proprio la tensione di passare dal molteplice all'uno. la quale provoca l'emozione che spinge verso il Bello. il bello è il manifestarsi del bene e il bene è afferrabile mediante il bello. perché questa verità era riservata alla oralità. ma la sua anima. Ordine e misura sono infatti i connotati del Bello. Ma l'uomo non è il suo corpo. Ciò avviene nel discorso del commediografo Aristofane sulla nascita degli uomini sessuati (tagliati poi da Zeus per il loro desiderio di assalire l'olimpo). Così l'Uno è quella misura che si manifesta visibile attraverso il Bello. perciò la vera bellezza non è quella del corpo (solo apparenza del bello). Questo è l'Uno che si esplica nei molti. dunque. di tornare all'Uno. Il quinto grado è il supremo e coincide con la visione del Bello in sé. con allusioni. Platone esprime tale convinzione nel Simposio. Essa si coglie nell'armonia e nella giusta misura che sono causa di virtù quali la temperanza e la giustizia. ossia nella misura e proporzione (Filebo e Timeo). Il quarto grado è quello delle supreme forme del bello che sono l'ordine. misura suprema di tutte le cose e si rivela a vari livelli attraverso il Bello. Questa salita al Bello coincide con la salita al Bene dell'arte dialettica (che dalle cose sensibili giunge alle idee e attraverso le scienze matematiche da queste giunge alla visione del Bene che è l'Uno).
Essa fa anche il filosofo politico perché egli guardando in alto cerca di imitare la perfezione dell'essere e non si cura. Inoltre per i greci contemplazione (theoria) comprendeva anche un aspetto pratico. poi il re o il comandante. 29 . "I veri filosofi sono quelli che amano contemplare la verità" (Repubblica). quando invece per i greci essa era qualcosa di assai significativo. Essa non era sogno religioso. all'opinione e non la considerava. poi il poeta o l'artista che imitano. quindi un sofista o un corteggiatore di popolo. poi il medico. al gradino più basso. di vita. Platone pone Talete come il simbolo della vita "teoretica" cioè del filosofo che contempla. ecco il tiranno. quindi l'artigiano o l'agricoltore. poi il politico o l'economista o il finanziere. è questa l'imitazione del divino tante volte citata da Platone. mistica della verità. Più verità viene contemplata e migliore vita etica sarà poi vissuta. La costruzione della Città ideale all'interno dell'anima dell'uomo (231) Platone parla di politica nel Repubblica in un modo del tutto originale. cade nel pozzo guardando gli astri. Il vertice è il filosofo. Nel Teeteto. Per i greci alla riflessione intellettuale faceva sempre seguito un atteggiamento morale conseguente. Perciò la contemplazione dell'Essere fa l'uomo. Dunque la contemplazione provoca l'imitazione a partire dalla quale si deve organizzare la vita dell'uomo e di una società. delle beghe tra gli uomini. La contemplazione della Verità presentata da Platone nel Fedro come facitrice di uomini (229) Vi è un rapporto tra il contemplare la verità e l'essere uomini. Le anime prima di cadere nei corpi cercano il più possibile di contemplare la Pianura della Verità. poi l'indovino o l'iniziatore ai misteri. infine. oltre a quello teoretico. aveva invece una precisa portata ontologica ed assiologica. in basso.Capitolo undicesimo: CONTEMPLAZIONE E MIMESI NELLE DIMENSIONI ASSIOLOGICHE E ONTOLOGICHE Fondazione del cosmo etico-politico basato sulla "giusta misura" ad opera dell'uomo e del cosmo fisico ad opera del Demiurgo (223) Il senso ellenico della "contemplazione" portato da Platone e da Plotino alle sue estreme conseguenze (225) Havelock collegava la contemplazione alla doxa.
superficie. terra. ha realizzato in sé lo Stato ideale. imbrogli. Quando nella propria anima il saggio è riuscito a realizzare l'ordine divino.Lo stato ideale si deve prima di tutto costruire dentro di noi. copme invece hanno fatto molti commentatori. ed una loro complessa suddivisione. il cosmo fisico. Così la razionalità delle cose create dipende dalla loro struttura geometrica e matematica che rende possibile l'imitazione dei modelli eterni. necessita invece di una causa che mescoli il principio materiale e formale e costituisca il cosmo stesso. potere) di cui non si deve curare perché riguardano il corpo. arrivismi. Le idee sono eterne. Gli enti matematici come strumenti di cui Platone si serve nel costruire il cosmo fisico (235) La realtà materiale sensibile è la Diade al livello più basso (un qualcosa di amorfo e invisibile). perciò la l'universo è una cosa bella. cioè ha adempiuta la legge del Bene. è modellata dalle cose che entrano in essa che sono imitazione delle Idee. la materia. Allora il Demiurgo produce contemplando i modelli che sono eterni. linea. Il demiurgo e la produzione del cosmo fisico mediante la visione del modello intelligibile e la sua realizzazione nella dimensione del sensibile (233) Tutta la realtà è costituito di un elemento materiale e di uno formale che corrispondono ai due principi primi e supremi. Ecco che così spiegata la contemplazione assume una valenza ontologica. Il Demiurgo si avvale degli enti intermedi matematici che sono intelligibili e molteplici e con essi struttura la materia riproducendo l'immagine del modello ideale e costituendo un misto che è a sua volta immagine del bipolarisno (Uno-Diade) delle realtà intelligibili. ricchezze. Gli enti matematici (punto. poiché diviene. dei modelli eterni. mentre in quella esteriore prevalgono tutte quelle cose (desideri. 30 . poi furono modellate da Dio (Timeo).) uniti alla realtà materiale danno luogo ai corpi che vediamo. Platone spiega la formazione di acqua. Prima del cosmo le cose erano senza ragione e senza misura. è un materiale da impronta. Attraverso i triangoli. e non che divengono e si generano. Perciò non ha senso cercare nella storia eventuali possibili attuazioni dello stato ideale di Platone. corpo geometrici etc. fuoco e aria (ma non parla della produzione dei triangoli a partire dai principi primi: era questione per dottrine non scritte). L'uomo ideale si occuperà di politica nella sua Città interiore (fine libro IX del Repubblica).
(Timeo). tuttavia non moriranno per la volontà del Demiurgo che non lo vuole. perciò anch'essi sono dissolubili. ma nel mondo vi devono essere anche cose non divine che non possono essere create dal Demiurgo. Egli invita allora gli dei generati ad operare creando. Ciò che il Demiurgo genera è divino. imitando la sua azione.Il Demiurgo creò anche degli esseri divini che sono gli astri e i corpi celesti chiedendo a loro di imitarlo. Così tutti gli dei sono generati. 31 .
Perciò si rivolgerà solo in sé e non si frantumerà nell'imitazione di tutte le caratteristiche dei personaggi di Omero. in Fedone e nel Cratilo Platone dice che il corpo è una tomba. In Socrate essa realizza l'attività intelligente e morale dell'uomo. alla generazione come il corpo. il fantasma. non è soggetta al divenire. In Eraclito l'uomo consta di anima e corpo. Platone. Uguaglianza fra uomo e donna e virtù come ordine nel disordine (241) Come è nato nell'ambito della cultura greca il concetto occidentale di anima (243) Il concetto di anima proprio della cultura occidentale. alla corruzione. tale da indicare l'essenza dell'uomo. Essa manifesta la sua opera nei sogni. Furono i presocratici a collegare l'anima con il principio eterno da cui derivano tutte le cose. ma negli orfici essa non è ancora legata all'intelligenza e alla coscienza dell'uomo come in Socrate. l'uomo deve trovare i motivi dell'agire. nelle visioni e cose simili. ciò che lo differenzia dagli animali. così l'uomo è la sua anima e il filosofo deve curare l'anima (Apologia). un guscio d'ostrica. Nel Gorgia. NATURA E SIGNIFICATO DELL'ANIMA E DELLA VIRTU' Antitesi dualistica fra corpo e anima. Stando con il corpo l'anima si sporca di esso. funzionale. ma in se stesso. con i guadagni metafisici della sua filosofia studia la sua natura ontologica soprattutto nel Fedone. è di origine divina e sopravvive al corpo dal quale cerca di liberarsi attraverso il ciclo delle reincarnazioni. Radicali innovazioni di carattere metafisico apportate da Platone al concetto di anima (249) Socrate aveva prestato attenzione all'aspetto operativo. Nasce qui la contrapposizione tra anima e corpo. nella propria anima-coscienza. nasce con Socrate. l'anima ha qualità distinte da quelle fisiche.Capitolo dodicesimo: L'UOMO A DUE DIMENSIONI. In Omero anima indica piuttosto la parvenza dell'uomo. dell'anima. Non l'imitazione dei personaggi omerici. dei suoi desideri corporali e uscita dal corpo entrerà in un altro (Fedone) 32 . Per Platone l'anima risulta simile (non uguale!) al divino. Dal VI secolo presso gli orfici l'anima preesiste al corpo. Anche Aristotele riprende lo stesso concetto: le anime sono unite ai corpi come i vivi con i morti (pirati etruschi). è la parte che finisce come ombra nell'Ade dopo la morte.
ma con la fede era andare verso la compagnia dei beati. cioè con l'anima. Platone può invece argomentare sull'immortalità dell'anima in termini razionali grazie ai successi della sua seconda navigazione (la scoperta delle Idee quali vere cause delle cose). l'uomo coglie le Idee che sono sempre identiche a sé. cerca di soddisfare i suoi desideri. alghe e pietre al punto che non lo si riconosce (Repubblica). una cosa non può essere grande e piccola allo stesso tempo. La struttura dell'anima e la metafora del carro alato con cui Platone ne esprime la natura (257) Spiegare l'idea di anima è cosa lunga ed impegnativa. ingenerato e incorruttibile. Dunque quando l'uomo muore è il corpo (che è corruttibile) che accoglie la morte. per fare ciò l'anima deve avere caratteri analoghi alle idee che riesce a cogliere e deve essere perciò immortale (è la seconda prova del Fedone. 33 . es. deve essere non mosso. non ve ne può essere una sola perché essa sarebbe causa di atteggiamenti opposti. quando c'è il fuoco non c'è il freddo. perciò è immortale ed incorruttibile. oppure l'idea di fuoco rifiuta quella di freddo. violando così il principio di non contraddizione. Inoltre con l'intelletto. non l'anima. la seconda cerca la sopraffazione e la gloria (amante della vittoria e dell'onore). la prima cerca la verità (la chiamiamo amica dello studio e filosofa). Repubblica: le azioni umane derivano da tre facoltà distinte dell'anima. per Reale la migliore). Le prove dell'immortalità dell'anima (254) Per Socrate con la ragione l'immortalità dell'anima significava andare verso il nulla assoluto. La terza parte dell'anima (la concupiscibile) cerca sempre di avere il piacere e il guadagno (e si chiama amante della ricchezza e del denaro). se arriva una l'altra scompare (p. L'anima ha come suo carattere essenziale l'idea di vita e quindi non potrà accogliere la morte. Idee contrarie non possono essere compresenti nel corpo. La via lunga viene trattata dal Timeo. dire invece a cosa essa assomigli è cosa breve ed umana (Fedro).L'anima è incrostata di molti mali come il dio marino Glauco è incrostato di conchiglie. come tale. Lo dice anche nel Repubblica dove aggiunge che per essere ben studiata l'anima andrebbe separata dal corpo e allora si potrebbe cogliere la sua essenza. Così l'uomo apprende. si adira (irascibile). Nel Fedro l'anima è presentata come principio di movimento che. ma il caldo e se arriva il caldo il fuoco non c'è).
dell'Identità e della Differenza indivisibili con quelle corrispondenti divisibili costituendo le Idee di Essere. Precisazioni concettuali sulla struttura ontologica dell'anima contenute nel Timeo (261) Il Demiurgo mescola le Idee dell'Essere. la quale perciò può svolgere gli stessi ruoli dei maschi.Nel filosofo prevale la prima. Platone non fu un antifemminista. Ognuno di questi esalta la sua scelta e disprezza le altre due. unità nella molteplicità e un attuare la giusta misura (266) 34 . La donna può essere anche filosofa. anche nei due cavalli. inguidabile). Fedro: l'anima è composta da un carro alato: i due cavalli sono la forza dell'irascibilità (cavallo buono. la parte irascibile e quella concupiscibile. l'auriga rappresenta la ragione. tutt'altro. ma dagli dei. Mescolando in maniera armonica e secondo precisi rapporti numerici le tre idee intermedie si forma un'idea unitaria. Avendo uomini e donne gli dei inventarono allora l'amore. Quando l'auriga non riesce a tenere sotto controllo i cavalli (=si perde l'ordine) si manifestano l'irascibile e il concupiscibile che sono forze contenute nel modello originario che però si manifestano dopo l'unione con i corpi. Nel timeo si dice che le anime degli uomini sono seconde in purezza (le prime sono quelle degli dei) e quelle delle donne terze. la forza razionale. non furono create dal Demiurgo. Inoltre i due cavalli rappresentano la dualità. Nel Repubblica l'essenza dell'uomo è la stessa della donna. La prima generazione era asessuata. In tal modo l'anima è intermedia (come gli enti matematici) fra il mondo sensibile e quello intelligibile. mentre l'auriga. quelli di loro che non vissero secondo virtù diventarono donne nella seconda generazione. Dal Timeo sappiamo che Platone non considerava tutte e tre le parti dell'anima immortali. infatti. anche custode dello stato. l'unità e l'ordine. nell'uomo che ama la vittoria la seconda e in chi vuole il guadagno la terza. La virtù come un portare ordine nel disordine. c'erano solo i maschi. possono allenarsi nelle pratiche ginniche anche nude senza dare scandalo perché coperte dalla loro virtù. se ne è in grado. possono perfino diventare governanti! "Le donne devono avere gli stessi diritti e doveri degli uomini" (Repubblica). è questo il motivo per cui Platone dice che l'essere delle anime e analogo a quello delle idee (e non uguale). Le anime degli dei sono sempre perfette. bianco) e della concupiscenza (brutto. perfetto. Identità. Differenza intermedie. cattivo.
35 .Per Platone virtù ha un significato più vasto che da noi. "Dunque la virtù consiste nell'attuazione del Bene nell'anima e nella vita dell'uomo. ha una virtù che emerge quando essa opera per l'ordine e la misura e realizza in sé tale ordine. Ogni realtà creata. La virtù suprema è la giustizia. anche piccola. perché c'è ordine e giustizia. nello stato quando lo fa ciascuna sua classe. nell'uomo si realizza quando le parti dell'anima operano in armonia nel giusto equilibrio. e si realizza facendo ordine nel disordine e unità nella molteplicità" (pag. Così la virtù è l'attuazione del Bene. 268). L'universo stesso esiste perché è cosmo. Quando c'è ordine una cosa è buona e temperante.
così il mito platonico non è un rappresentare immagini. lo si capisce se si pensa alle dottrine non scritte. Allora vi è un mito buono usato da Platone. Da qui una scarsa attenzione ai miti di Platone p. I LORO NESSI STRUTTURALI SECONDO PLATONE Il mito come un "pensare per immagini" in sinergia con il Logos (269) Mythos e Logos in Platone (271) Dall'età moderna in poi si è interpretata la filosofia come passaggio dal mito al logos. 36 . Del resto i dialoghi sono poesia filosofica. ma non l'oralità. Mito e logos sono allora entrambi pensiero. Così il mito è in grado di cogliere alcuni aspetti della realtà non esprimibili mediante il logos. es. Così per Platone mito e logos sono vie parallele. lo ha dimostrato Havelock. tutta una rivalutazione del valore conoscitivo del mito e quindi anche dei miti platonici. sono complementari (sbaglia chi cerca di demitizzare credendo così di far emergere il puro logos). in Hegel: il mito non si adatta alla speculazione che fa invece uso di concetti e non di immagini e rappresentazioni. ma ne è solo rappresentazione. un racconto in forma di mito. Oggi c'è. De Chirico dice di pensare per immagini e rappresentazioni. quello di molti poeti. ma espresso in forme differenti.Capitolo tredicesimo: MYTHOS E LOGOS. Così è necessaria una demitizzazione dei dialoghi. come c'è anche un mito cattivo. ciò riguarda la scrittura. Così quello di Platone è un narrare per miti. Allora il mito è una forme di logos che si esprime mediante il mito stesso (tesi di Walter Hirsch). ed è quello legato alla filosofia. per via di immagini. come distacco dal mito e il linguaggio mitico è stato considerato pre-filosofico. entrambi indispensabili per raggiungere la verità. Dunque vi sono tematiche che nello scritto non sono esprimibili in rigorosi concetti. Nel Repubblica Platone afferma di star scrivendo un mito. mediante i concetti. dove si parla per concetti delle cose di maggior valore. Ciò in particolare per quanto riguarda l'anima (e i miti più grandiosi in Platone riguardano proprio l'anima). I vari e differenti significati che ha il mito in Platone (273) Per Platone tutti i suoi scritti erano una forma di mito. al contrario. che va invece eliminato perché non raggiunge la verità. ma un pensare per immagini (e il logos un pensare per concetti). una commedia e tragedia dal contenuto filosofico. una ripresa del modello del teatro ateniese.
La filosofia platonica della storia come narrazione in forma di immagini e di miti (279) Opera principale su questa questione: "La metafisica della storia in Platone" di Konrad Gaiser. ma ne dà un significato nuovo rileggendoli alla luce della protologia dei Principi primi e supremi. bensì il termine bipolarismo. Per questo motivo negli scritti noi troviamo tutto ciò che Platone intendeva dire sulla questione. Non siamo però qui di fronte un dualismo. 279). Platone vede operanti sinergicamente i due principi. del generare e del corrompersi. termine che. Per Platone si ha una conoscenza esatta solo dell'essere soprasensibile. è legata al non essere e quindi conoscibile solo mediante il mito e non mediante concetti (se lo fosse avremmo una conoscenza perfetta della storia). Perciò Reale non usa il termine dualismo. Queste non sono le cose di maggior valore da lasciare all'insegnamento orale. a volte l'altro (ma 37 . ma si implicano. Così il mito non è certo favola. perciò la loro conoscenza entra in gioco nella rappresentazione mitica. a causa del divenire. Eppure i Principi fondamentali agiscono anche nella sfera del sensibile diveniente. abbiamo una incompletezza di essere nei confronti del perfetto mondo delle idee. tra l'altro. come pure potrebbe sembrare (e sembrò ad Aristotele) in quanto benché la Diade non derivi dall'Uno (come nel neoplatonismo) essa non è allo stesso rango dell'Uno (pur essendo originaria come l'Uno) che è superiore a tutto rappresentando il Bene. essa è soggetta al divenire e dunque esprimibile in forma verosimile (non veritativa perché diveniente) attraverso il mito. I due Principi primi e supremi come assi portanti della storia (281) Anche la storia si spiega dunque a partire dai Principi primi e supremi. Nei suoi miti Platone si rifà alla tradizione.Così il mito buono non si pone contro il logos. ma opera in sinergia con esso: "riflettere con la ragione e meditare attraverso i miti su questo viaggio verso l'altro mondo" (Socrate prima di morire. la Diade è il principio del molteplice e quindi del disordine (nel senso di del non-unitario). rende bene il fatto che i due opposti non si eliminano. Nella sfera della storia. in cui vi è storia. La storia è divenire. li prende da lì. di ciò che è soggetto al divenire si può avere soltanto una conoscenza congetturale. Nell'interpretazione della storia. L'Uno è principio dell'ordine. "Logos e mito sono come le sistole e le diastole del cuore del pensiero platonico" (Reale. Fedone). ma non allo stesso modo: a volte prevale l'uno.
gli impulsi. Così Dio interviene di nuovo riportando l'ordine ed evitando la dissoluzione disordinata del mondo (Politico). Questo processo avviene ciclicamente. Nel complesso. per l'uomo). Storia del cosmo. per la Polis. se prevale la seconda abbiamo un egualitarismo demagogico. La concezione di Platone richiama piuttosto la spirale. Parallelamente ciò avviene anche nella storia della Polis e degli uomini perché sono sempre gli stessi Principi ad operare. La soluzione è l'equilibrio tra i due aspetti. comunque. così con il tempo prevalgono le leggi della corporeità.mai uno totalmente sull'altro). Nella Polis la tensione tra i due Principi è quella tra autorità e libertà se prevale la prima abbiamo l'autoritarismo. hanno una struttura ciclica. per Platone non si ritorna all'identico. 38 . bensì all'analogo. Dio genera il cosmo e inizialmente lo guida. gli istinti. ma non si tratta di un eterno ritorno come per gli Stoici. il che recupera un po' una visione lineare del tempo. dunque il disordine. il principio del Bene riporta sempre la vittoria. dunque il processo storico implica un incremento. Le fasi storiche si ripetono (per il cosmo. della Polis e dell'uomo (283) Nella storia la tensione tra i due principi muta continuamente. poi però lo abbandona.
senza posa ed è come un caradrio (uccello immaginario. I miti escatologici e le sorti delle anime e la grande metafora del rischio del credere (289) La metafora dell'anima bucata e del caradrio (291) Qui la mito-logia avvicina dunque di più l'uomo alla verità che la logo-logia. Il mito della caverna e il suo significato (295) È il mito più famoso di Platone. Se uno si scioglie e guarda verso la luce resterebbe abbagliato e non vedrebbe niente al punto di pensare che la vera realtà era quella dello sfondo della caverna. Il mito della caverna. Il mito della scelta della vita e del destino.Capitolo quattordicesimo: GRANDI METAFORE E MITI EMBLEMATICI CHE ESPRIMONO IL SIGNIFICATO DELLA VITA E DEL FILOSOFARE E I DESTINI DELL'UOMO SECONDO PLATONE La metafora dell'anima bucata e del caradrio. Gli uomini sono alti come il muro e non si possono vedere. Allo stesso modo l'uomo ordinato e misurato è quello che ha gli orci pieni di liquidi preziosi. Gli uomini vedono solo le ombre delle statue e credono siano la realtà. Se però egli potrà abituarsi gradatamente alla luce. 39 . Contro Callicle Socrate-Platone dice che la parte dell'anima che cede alle passioni è come un orcio forato. La conversione delle tenebre alla luce. Callicle è l'uomo dissoluto. non è mai piena. Così l'anima di questi stolti è come un crivello bucato e nell'al di là è causa di sofferenza. senza valori e senza misura. il logos ha bisogno del mito per completare la sua costruzione e viceversa. Gli uomini incatenati vedono solo il fondo della caverna. lì rimbalzano i suoni dall'esterno dove. Per Callicle l'uomo deve vivere secondo natura e non secondo le leggi. i riflessi degli astri sull'acqua e alla fine perfino il sole e non rimpiangerà la posizioni di prima che era solo di opinioni. voracissimo che mangia ed evacua senza posa). vedere le cose. Platone lo utilizza per i suoi poteri allusivi e di incanto. Il mito è una sorte di fede ragionata. mentre il dissoluto ha gli orci bucati e quindi deve sempre correre per riempirli. oltre un muricciolo vi sono gli uomini che portano in spalle delle statue e oggetti che raffigurano tutto l'esistente. deve dare libero sfogo ai desideri. così sarà felice e questa sarà la sua virtù (Gorgia). Oltre il muro c'è un fuoco e oltre il fuoco c'è il sole. cioè è insaziabile.
i riflessi sull'acqua sono gli enti matematici. Il ruolo del filosofo che deve liberare gli altri uomini incatenati. Ulisse. non potrebbe vedere niente e gli altri penserebbero che è meglio non slegarsi e salire. sente il Bene essere affine a sé (Lettere VII). scelse saggiamente una vita semplice (Repubblica). le realtà vere oltre il muro sono le idee. La libera scelta del destino da parte dell'uomo e il supremo messaggio di Platone: "la virtù non ha padroni" (301) È il tema della libertà trattato alla fine del Repubblica con il mito di Er. Vi è la conoscenza sensibile delle ombre e quella intelligibile. avendo gli occhi abituati alla luce. dopo tanti anni di ricerca ed educazione. L'arte della conversione è quella di far girare l'anima verso la luce. poi ripreso in chiave religiosa dal cristianesimo. ricorda il dolore e la sofferenza delle antiche scelte. l'uomo non è vittima del destino. in altre parole scegli il demone che poi la guiderà. Però in questa scelta l'anima è come condizionata. cosa che farà quell'anima che. Così la prima anima che sceglie (si va a sorteggio e chi sceglie per primo ha più modelli davanti) scelse la vita del tiranno sbagliando. ciò che prima era accaduto nell'al di qua. le sue tre figlie: Lachesi che presiede al passato. ricorda. quella dell'intelligenza c'è ma va indirizzata. Cloto. Il richiamo ad una conversione necessaria e faticosa per volgersi alla luce. cioè verso il Bene. Se l'anima ha poi fatto filosofia essa ricorda l'idea del Bene. mentre l'ultima. le statue sono le cose sensibili. (Repubblica) Il muro è lo spartiacque tra sensibile e intelligibile. gli astri le idee più elevate. le ombre le loro parvenze. Inoltre allora "la virtù non ha padroni" ed è di chi la sceglie. Questo perché le anime che si incarnano per la prima volta non hanno fatto l'esperienza del dolore e scelgono con frettolosità la loro vita. Per Platone conversione significa rivolgersi verso il Bene. Le virtù del corpo si guadagnano con l'abitudine e l'esercizio. Le anime che si devono reincarnare giungono in un luogo dove ha sede la Necessità e le Moire. Perciò per Platone il filosofare è un convertirsi. dalla quale dipende il futuro. Cloto rendeva ciò irreversibili e Atropo rendeva il destino 40 . Così Platone è contro il fatalismo dei greci. È stato Platone dunque ad usare per la prima volta il concetto di conversione. Dopo aver scelto la vita le anime si presentano davanti a Lachesi che assegna il demone scelto. il sole l'idea del Bene. anche se gli uomini non sopportano di essere distolti dalle loro illusioni ed hanno paura della verità e condannano amorte chi fa questo tentativo (Socrate?). al presente e Atropo. Un ministro prenderà da Lachesi i vari modelli di vita che l'anima poi sceglierà liberamente.Se questi torna nella caverna.
Platone invita ad accettare questo "rischio" del credere dati i suoi fondamenti razionali. ma poi la complica nel Fedro (pag. Se invece saranno responsabili di colpe sanabili. dell'unica verità. L'unico a mantenere memoria di ciò fu il soldato Er. una prigione. non ai miti usati da Platone per esprimerlo. è sottoposto ad una prova e a un giudizio in base ai vizi e alle virtù. 308). Bisogna credere a questo messaggio. Nel Timeo Platone evita di riferirsi alla presenza delle anime nei corpi come una punizione per qualche colpa originario. Lo stesso nel Fedone dice Socrate prima di morire. oppure una condanna eterna nel Tartaro se gravemente colpevoli. I miti escatologici sui destini delle anime e il messaggio sul significato supremo per l'uomo del "rischio di credere" (306) Qui i vari miti sono tutte variazioni sul tema. a volte apparentemente anche in contraddizione. Perciò l'uomo sulla terra è solo di passaggio. vi sarà per loro dolore e sofferenza fino alla completa purificazione (Fedone). anche se c'è la reincarnazione fino alla libertà. Il messaggio del Gorgia ci dice che l'uomo deve essere buono.immutabile. ma parla dell'opera del Demiurgo che rea le anime lasciando agli dei il compito di rivestirle dei corpi. E l'uomo è come una pianta celeste che si innalza verso il cielo. Ci sarà un premio differenziato in base ai meriti. Quindi le anime si bagnano e bevono al fiume Lete per la dimenticanza. 41 . praticare la giustizia. Platone accetta la metempsicosi di tipo orfico. essere lontano dalle lusinghe. Così qui il corpo non è qualcosa solo di negativo.
Gadamer ha sottolineato il ruolo della pre-comprensione. cioè una difesa dai libri che si diffondono e non possono essere confutati (se contengono errori). Non sa domandare chi crede di sapere già tutto! Allora i dialoghi platonici sono un modello della tecnica ermeneutica e il loro livello non è mai stato superato in quanto i dialoghi filosofici successivi sono stati solo delle imitazioni di Platone. POSIZIONI DI AVANGUARDIA DI PLATONE CHE OGGI EMERGONO IN PRIMO PIANO. l'amicizia e l'arte. la filosofia e l'eros. Profetiche anticipazioni di alcuni concetti in particolare del Fedro (311) La posizione di Platone con la sua critica alla scrittura è una posizione di retroguardia. Una anticipazione dell'ermeneutica che tanto risalto mette nella necessità di porci delle domande in modo adeguato che orientino verso la risposta.): ecco Schliermacher. Così il Fedro vede insieme la retorica e la dialettica. È necessario però saper limitare i propri pre-concetti per lasciare parlare il testo e quindi comprenderlo. La prima formulazione storica embrionale del "circolo ermeneutico" e della sua dinamica (318) Il singolo elemento (un pensiero. Eppure molti autori l'hanno ritenuta di retroguardia. ma di avanguardia. un'opera) deve essere compreso a partire dal tutto (la cultura dell'autore. I più 42 . Eppure Platone ha difeso proprio la scrittura ed ha anche proposto regole precise del come scrivere e soprattutto ha inventato un metodo che mettesse per iscritto l'oralità. delle pre-conoscenze nell'interpretare un testo. oppure è una posizione di avanguardia che per certi aspetti anticipa di molto i tempi? (313) La critica di Platone verso la scrittura non è una critica di retroguardia. del suo tempo. la storia etc. Così Eric Turner ed anche Havelock per il quale la preferenza di Platone per l'oralità era di tipo conservatrice. Gadamer: il domandare è più difficile del rispondere. cioè il metodo dialogico. Ma questo è anche quanto dice Platone a proposito del fatto che un discorso è come un essere vivente (Fedro) composto di molte parti da interpretare insieme. Così anche Gentile e Cerri.Capitolo quindicesimo: RIFLESSIONI CONCLUSIVE. si tratta di una regola ermeneutica basilare. La cosa più importante per il filosofo è saper domandare.
ma vale anche il reciproco. cioè gli scritti ci aiutano a comprendere le testimonianze (frammentarie) che abbiamo circa le tradizioni non scritte (gli appunti dei discepoli). Alla fine del Fedro si parla dell'importanza della presenza dell'autore per evitare che il suo testo non sia inteso correttamente e si afferma che la piena comprensione del testo può essere fatta solo da chi ha le pre-conoscenze giuste. specie quelli di cui non siamo neppure consapevoli. Allora la tradizione indiretta (le dottrine non scritte) porta soccorso a quella diretta (i dialoghi scritti). vanno sempre rivedute ed approfondite. Egli comunque fa effettivamente uso di due linguaggi nei suoi scritti. Così i dialoghi rimandano ad altro per la loro comprensione piena. Così Platone. avverte i suoi limiti e il suo bisogno di soccorso in base al circolo ermeneutico. Così Platone non è di retroguardia ed ha addirittura anticipato i tempi! I dialoghi platonici strutturati in funzione della "situazione-soccorso" sono una vera e propria messa in atto del circolo ermeneutico (321) La scrittura per comunicare in modo adeguato i suoi messaggi ha bisogno del soccorso dell'autore. in quell'epoca in cui si affermava la scrittura. Contro di lui Hegel afferma che il filosofo non può nascondere le sue idee riservandole solo ad alcuni. I due differenti linguaggi con cui Platone ha composto i suoi scritti (325) Tennermann aveva mal inteso le dottrine non scritte come un qualcosa di segreto per iniziati.pericolosi sono i pre-giudizi. Così in Platone le idee centrali sono sempre presenti sullo sfondo dei suoi scritti. che esse vengono sempre fuori nei suoi scritti. quelle pre-conoscenze che ci vengono dalle tradizioni non scritte: ecco il circolo ermeneutico. 43 . In sostanza le pre-conoscenze che ci consentono di interpretare correttamente gli iscritti. Si spiegano così i passi di omissione quando Platone nei dialoghi omette di dare una risposta alla questione trattata (caso unico nella storia della filosofia!). sa di cosa si parla. anche se magari in forma velata. quanto l'idea a "possedere" il filosofo. e questo consiste in una messa in atto del circolo ermeneutico. ma soprattutto le cose di maggior valore proprie della trasmissione orale. Perciò la lettura degli scritti richiede quei pre-giudizi. Per questo il testo deve solo richiamare alla memoria. E questo perché non è tanto il filosofo a possedere un'idea. Questo altro sono altri testi.
vedremo un'altra volta"). che potevano capire i discepoli che conoscevano le dottrine non scritte. con rimandi etc. oppure un dialogo scritto nelle anime e non nella carta (d'altro canto il filosofo scrive nelle anime!). a coloro che non sanno mi nascondo". La filosofia platonica come sistema aperto (328) Alla luce delle dottrine non scritte è possibile cogliere un sistema platonico nei dialoghi. Della trilogia: Sofista. 44 . dove però per sistema non si intenda un discorso perfetto e concluso.Uno chiaro ed esplicito per le cose che i più erano in grado di comprendere ed uno allusivo. Platone non ha scritto quest'ultimo: è questo addirittura un "dialogo di omissione" cioè un rimando alla dimensione dell'oralità. Per esempio nel Protagora Socrate parla che la virtù è saper misurare le cose. ma non dice in cosa consista questa scienza della misura ("quale arte si poi questa. Eschilo: "Io volentieri a coloro che sanno parlo. Un motto di Eschilo che esprime in maniera emblematica il modo in cui Platone ha comunicato i suoi messaggi (329) Come l'oracolo di Delfi Platone a volte dice e non dice ed è chiaro solo a chi ha le pre-conoscenze giuste. tale da richiedere sempre uno sviluppo ulteriore. ma costantemente incentrato su di una idea di fondo che è l'idea del Bene. Quello di Platone è volutamente. Politico e Filosofo. ironico. Lo stesso nel Politico e nel Filebo dove si parla di misura senza troppe precisazioni. un sistema aperto. I libri parlano solo a colui che sa già le cose in essi contenute (Fedro). infatti.