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Ricerca Costa Pittura Nell Ottocento

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chitarrainitalia.it 22 giugno giugno 2010 2010 CARLA COSTA LA CH CHITA ITARRA RRA IN ITAL IA NELL A PITTURA DELL DELL’OTT ’OTTO OCENTO CENTO Pur essendosi manifestato con connotazioni diverse in varie epoche della cultura occidentale, l’interesse per l’antico assunse un particolare significato a partire dagli ultimi decenni del Settecento. Nato in seguito alla suggestione del rinvenimento dei modelli dell’arte classica negli scavi di Ercolano e Pompei, iniziati nel 1738, il Neoclassicismo si sviluppò come una rilettura e una riscoperta dei valori estetici dell’antichità classica, in contrapposizione agli eccessi del Barocco e al disimpegno del Rococò. Si ritrovano, infatti, nell’arte e nella letteratura antiche, una bellezza ideale, una grazia perfetta, che sarebbero state in origine l’espressione di un animo in quiete, non turbato dal dalle um umane passioni passioni,, di una serenità che negl neglii antichi ntichi greci nasce nasceva va dall dall’’armoni rmonia a de dei loro ra rapporti con la natura e con il cosmo. Questa visione del mondo e dell’uomo antichi, in realtà idealizzata e tal talora conven convenzi ziona onale, raggiunse l’apice pice nell’età età napol napoleo eoni nica ca soprattu soprattutto tto attraverso ttraverso le le arti figurati gurative ve e in campo letterario. I n li linea con questo revival di stampo classico fece la sua comparsa tra la fine del Settecento cento e il prim primo vente ventennio del dell’Ottocento Ottocento la la 1 lira-chitarra, strumento che riecheggia le sembianze della lira, con funzione poetica ed evocativa di memorie classiche e di rimandi mitologici tologici.. Inte I nterprete rprete dell’este stetica tica musi usical cale di di quegli anni e del rinnovato interesse verso gli strumenti antichi, la lira-chitarra è in realtà una chitarra chitarra a sei corde corde con una cassa cassa armonica, rmonica, da cui partono due bracci laterali, più o meno curvi e ornati, traendo ispirazione nella forma dalla lira greca. 2 Grazie alla maggiore ampiezza della cassa cassa di risona ri sonanza, possedeva possedeva una una voce più più grave e dolce di quella della classica chitarra, adatta per l’accompagna pagnamento ento al can canto, to, com come sfondo sfondo nelle serate rate musi usical cali dei salotti arist ri stocra ocrati tici ci.. In I n se segui guito all alla cres crescente cente notorietà notori età che assuns assunse e a Parigi arigi a partire dalla fine del Settecento, lo strumento trovò, in breve tempo, largo consenso nelle maggiori corti europee per tutto il primo ventennio dell’Ottocento. Suonavano la lira-chitarra personaggi quali Maria ria A nton ntoniietta d’Aus d’A ustri tria a, Ma Maria ria L uisa d’A ustri ustria a, la ba baroness ronessa a Ann Anne e Louise Louise Germaine Wil Wi llibrord brord Jos J ose eph Mähler,Ludwig hler, Ludwig Van Beethoven, Beethoven, 1804, d’A oli olio su tela tela (Vi (V ienna, Hi Historische storisches Muse Museumder der Stadt) de Staël, il tenore Fabry-Garat e il cantante di lieder J oha ohann Micha chael V ogi ogi. 3 A nche che Lu Ludwi dwig 1 Si può collocare la nascita della lira-chitarra intorno al 1780, quando il liutaio parigino Mareschal codificò uffi uff icialme cialmente lo strum strumento con l’appellati ativo di ‘l ‘lira-Ana ra-A nacreon creonti tica’ ca’ vole volendo ricorda ricordare re il poeta greco greco Ana Anacreon creonte te.. Si rimanda a E. V ULPIANI, Lira-chitarra, étoile charmante, tra il XVIII e il XIX secolo, secolo, Roma, Ti Tipolitog politografi rafia a L aripre ripress, ss, 2007, pp. 15, 19-20. 2 ONI , Luigi Mozzani, la chitarra-lyra e l’incontro con Carducci, Cfr. S. BONI Carducci, in Qual musica attorno a Giosuè. Nel centenario della morte di Carducci, a cura di P. Mioli, atti del convegno (Bologna, Accademia Filarmonica, 28-29 settembre 2007) Bologna, Pàtron, 2009, p. 276. 3 E. V ULPIANI, Lira-chitarra, étoile charmante, tra il XVIII e il XIX secolo cit, p. 9. 1 van Beethoven si fece ritrarre da Willibrord  Joseph Mähler con una lira-chitarra, in un contesto naturale, sul cui sfondo si scorge un tempio neoclassico, simbolo dell’antico mondo greco-romano. 4 Nei salotti aristocratici la lira-chitarra era destinata solitamente alle dame tanto che, agli inizi dell’Ottocento, il motivo della dama in veste di Musa, con il capo cinto da corona di alloro, in atto di reggere o di suonare strumenti quali la lira, la lira-chitarra, la chitarra o l’arpa, divenne tema ampiamente diffuso nell’arte del ritratto. 5 Nel contesto culturale neoclassico la lira-chitarra assunse ben presto, insieme all’arpa, una funzione estetica, come vero e proprio oggetto d’arte, elemento decorativo indispensabile nel salotto in stile impero. In questi anni i liutai trovarono ampio campo di applicazione della loro estrosità realizzando numerosi modelli di lira-chitarra, ‘a palme’, ‘a colonne’, ‘Nouvelle Lyre’, ‘Apollo-lira’, decorati con intarsi raffiguranti scene mitologiche in stile greco-romano e decorazioni floreali. 6 La maggioranza dei modelli di lira-chitarra aveva un basamento nella parte inferiore, che consentiva di appoggiare lo strumento a terra, come possiamo vedere nel ritratto di Maria Cristina di Borbone, figlia di Ferdinando IV  Jacques Berger, Ritratto di Maria Cristina, duchessa del di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, e di Genevese, 1816, olio su tela (Agliè, Castello) Maria Carolina d’Asburgo Lorena, eseguito nel 1816 dal pittore Jacques Berger. La lira-chitarra, su cui il pittore pone la propria firma, è qui posata su un ampio sofà in stile impero, posto alle spalle della nobildonna. Il dipinto rivela l’influenza esercitata da Jacques Louis David, che Berger ebbe modo di conoscere durante un soggiorno a Roma e di cui rappresentò un importante tramite con il Piemonte. 7 4 A partire dalla seconda metà delSettecento si assiste ad un complesso intreccio tra le principali tendenze culturali del tempo, quali Neoclassicismo e Romanticismo. All’interesse scientifico per la natura e alla sua connotazione gloriosa e terribilecheporterà al concetto di ‘sublime’, si affianca la riscoperta dell’antico, della quiete, del ‘bello’. 5 Mario Praz dedica al tema della dama con la lira un intero capitolo nel suo fondamentale testo Gusto neoclassico;cfr. M. PRAZ, Gusto neoclassico, Milano, BUR, 1990, pp. 306-313. 6 E.VULPIANI , Lira-chitarra, etoile charmante, tra il XVIII e il XIX secolo cit, pp. 23-28. 7 Jacques Berger (Chambéry 1754 - Napoli 1822) studiò tra il 1779 e il 1782 all’Accademia di pittura e scultura di  Torino sotto la guida di Laurent Pécheux. Nel 1784 si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Francia, in cui ha modo di conoscere Jacques Louis David e di partecipare nel 1786 ad una fortunata esposizione a Villa Medici, che segnò l’inizio della sua carriera di pittore. Il pittore rientra a Torino nel 1797 durante il periodo francese e partecipa alle commissioni locali per la spogliazione delle opere d’arte di Palazzo Reale da inviare ai musei di Parigi. Tra il 1806 e il 1809 è direttore dell’Accademia di Napoli, da dove invia a Torino i due grandi ritratti, in piedi, di re Carlo Felice e della regina Maria Cristina, ancora oggi ubicati nel Salone da Caccia del Castello di Agliè. L. SORAVIA , Giacomo Berger in La Pittura in Italia. L´Ottocento, II, Milano, Electa, 1991, p. 688. 2 Di grande fascino è l’opera eseguita dal lucchese Pietro Nocchi 8 nel 1811, che raffigura una dama in vestito rosso, seduta in un interno in stile impero. Il dipinto, conservato nel Barnard Castle a Durham, sede del Bowes Museum, è noto col titolo Lady with harp-lute, anche se è più corretto utilizzare per lo strumento raffigurato il termine di lira-chitarra, per la precisione Apollo-lira, come si può dedurre dal sole presente sia sulla paletta sia sulla buca a rappresentare simbolicamente il dio Apollo. Pietro Nocchi, Dama con apollo-lira, 1811, olio su tela, 59,7 x 48,2 cm (Durham, The Bowes Museum, Barnard Castle) Anonimo (XIX sec.), Marianna Motroni Andreozzi, 1820-21, olio su tela, 67,5 x 52,5 cm (Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale) La dama ritratta apparteneva con ogni probabilità alla cerchia della sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte Baciocchi, principessa di Lucca e Piombino, poi granduchessa di Toscana, la quale fu patrona di musicisti, compositori e pittori. Alessandro Tosi 9 identifica il personaggio raffigurato con Olympia Cenami, dama di compagnia di Elisa Baciocchi, che era stata già ritratta da Pietro Nocchi nel 1809, ma un confronto tra i due dipinti non conferma pienamente questa ipotesi. La dama del dipinto potrebbe essere invece la nobildonna Teresa Bottini, 10 che faceva parte della corte 8 Pietro Nocchi (Roma 1783 - Lucca 1854), pur frequentando lo studio romano del padre Bernardino, si iscrive all’Accademia di San Luca, dove viene apprezzato da Antonio Canova, il quale gli fa ottenere importanti commissioni per copie di pitture e sculture. Tornato a Lucca nel 1806, si dedica con successo alla ritrattistica di tipo ufficiale, alla francese, promossa e favorita da Elisa Baciocchi, appena insediatasi. I ritratti, quasi sempre di piccolo formato, eseguiti in questo periodo per Elisa e per le famiglie ed i personaggi appartenenti all’entourage della corte, rivelano una pittura elegante e raffinata oltre ad una notevole capacità di reinventare ogni volta formule compositive originali. A. TOSI, Pietro Nocchi in La Pittura in Italia. L´Ottocento cit., p. 939. 9 A. TOSI, Per Pietro Nocchi ritrattista, in «Paragone», XLIII, n. 31, 1992, pp. 52-61. 10 Teresa Bottini, nata Trenta, fu sposa del marchese Giovanni Battista Bottini (1735 - 1808) più volte ‘anziano’ della Repubblica di Lucca. Il loro figlio Lorenzo (1792 - 1881), consigliere di Stato sotto i Borboni, fu sposo ed erede della fortuna di Marianna Andreozzi Motroni (1802 - 1858), ricordata per le sue eccezionali doti musicali di arpista e per le sue composizioni di musica sacra, che le valsero l’ammissione all’Accademia Filarmonica di Bologna nel 1820 e la 3 della duchessa, esibendosi spesso in compagnia di altri personaggi aristocratici come cantante e suonatrice d’arpa e il cui figlio Lorenzo sposò la celebre arpista Marianna Motroni Andreozzi. Il padre di Pietro, Bernardino Nocchi, 11 aveva realizzato, tra il 1798 ed il 1799, un ritratto di Camillo Borghese, consorte di Paolina Bonaparte Borghese. Il dipinto raffigura il principe in tenuta repubblicana giacobina, a testimonianza della sua adesione alla cultura degli anni rivoluzionari e napoleonici, e intento a sfogliare un volume di incisioni che riproducono le sculture antiche della prestigiosa collezione di famiglia, su disegni realizzati nel 1792 dallo stesso Bernardino Nocchi. 12 L’originalità di questo ritratto maschile è data dalla rappresentazione intima e familiare del giovane principe, seduto con un piede appoggiato sul dorso del suo cane e con Bernardino Nocchi, Ritratto di Camillo Borghese, 1798-99, olio su una chitarra a sei corde posata sull’erba tela, 74 x 62 cm (Torino, Galleria Sabauda) al suo fianco, sopra ad un libro di musica. Sullo sfondo dell’opera si può scorgere il tempio di Esculapio del giardino del lago di villa Borghese sul Pincio a Roma, struttura che lo stesso principe aveva commissionato negli anni 1785-87 agli architetti Antonio e Mario Asprucci. Come attesta anche la documentazione iconografica, l’interesse per la lira-chitarra venne meno con la fine della stessa età napoleonica, che ne aveva decretato la fortuna. Inoltre la lirachitarra era scomoda da suonare, costringeva ad una posa forzata, richiedendo dunque una certa abilità per essere imbracciata. Come afferma Pietro Lichtenthal, si cercò infatti «di far risorgere la Lira, dandole il manico della Chitarra a sei corde; la sua forma elegante e pittoresca avea in sul partecipazione a numerosi concerti alla corte di Elisa Baciocchi, anche sotto la direzione di Niccolò Paganini. A Bologna è conservato un ritratto di Marianna, eseguito nel 1820, cioè dopo la sua ammissione alla Filarmonica, il cui autore rimane ignoto, pur essendo riportate sull’arpa le iniziali ‘S.O.’ Cfr. Le stanze della musica. Artisti e musicisti a Bologna dal ’500 al ’900, a cura di M. Medica, catalogo della mostra (Bologna, Palazzo di Re Enzo e del Podestà, 23 novembre 2002 - 23 febbraio 2003), Milano, Silvana Editoriale, 2002, p. 140. 11 Bernardino Nocchi (Lucca 1741 - Roma 1812) dopo un lungo apprendistato a Lucca sotto Giuseppe Antonio Luchi, nel 1769 si reca a Roma, accompagnato da Stefano Tofanelli, che gli era stato maestro per quasi tre anni. Insieme iniziano a frequentare lo studio del calabrese Nicola Lapiccola. Nocchi segue anche le lezioni all’Accademia di San Luca e dà inizio all’attività di ritrattista, a cui si dedicherà per tutto l’arco della sua vita. Nel 1772 Bernardino si associa a Lapiccola nella conduzione dello studio, portando avanti importanti imprese decorative, come quella relativa al palazzo papale di Castelgandolfo e, nel 1773, per la prima volta da solo, la decorazione della galleria del palazzo del cardinale Gianfrancesco Stoppani. Nel 1780, subentra al maestro nella carica di pittore dei Sacri Palazzi Apostolici, occupandosi della decorazione della Biblioteca Vaticana e del Museo Pio Clementino. S. RUDOLPH, Il punto su Bernardino Nocchi, in «Labyrinthos», n. 7-8, 1985, pp. 200-230. 12 E. BALLAIRA, Camillo e Paolina Borghese, in Le delizie di Stupinigi e della ‘Danae’ del Correggio: Camillo Borghese tra impero e restaurazione, a cura di M. Di Macco, Torino, Allemandi, 1997, p. 55. 4 principio avuto incontro, particolarmente presso il bel sesso, ma poco dopo si ritornò di nuovo alla Chitarra, che è più comoda a tenersi, e la cui armonia è più piena e più aggradevole». 13 Nel secondo decennio dell’Ottocento, assistiamo dunque alla ricomparsa della chitarra nella ritrattistica, soprattutto associata a personaggi femminili, che operano in campo musicale. È noto infatti che erano solite accompagnarsi con la chitarra cantanti come Giuseppina Grassini (1773 1850), Maria F. Malibran (1808 - 1836), Adelaide Orsola Appignani (1807 - 1884) e Barbara Marchisio (1833 - 1919). 14  Jean-Urbain Guérin, Portrait de Mme Angelica Catalani, assise, jouant de la guitare, miniatura su avorio, diametro 7,8 cm (Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts Graphiques) André Leon Larue, detto Mansion, Madame Catalani, acquarello su avorio, 12 x 10 cm (Collezione privata) A testimonianza dell’utilizzo dello strumento da parte di cantanti d’opera rimane il ritratto del soprano Angelica Catalani 15 realizzato da Jean-Urban Guérin. 16 Questa miniatura su avorio fu 13 P.L ICHTENTHAL , Dizionario e bibliografia della musica, II, Milano, Fontana, 1826, p. 13. P. ADKINS CHITI, Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici e musiciste d’Italia, Novara, De Agostini, 1991, pp. 266-267. 15 Angelica Catalani, originaria di Senigallia, esordì al teatro La Fenice di Venezia nel 1797, cantò poi a Trieste nel 1800 e l’anno successivo alla Scala di Milano. A Lisbona sposò un ufficiale francese che la portò a Parigi, dove fu ascoltata e notata da Napoleone. L’artista partì in seguito per Londra, dove rimase tra il 1806 ed il 1812 ottenendo un successo strepitoso. Fu poi attiva nei maggiori teatri d’Europa e tornò a Parigi nel 1814, quando Luigi XVIII le affidò la direzione del Théâtre Italien. Ma il marito amministrò male il teatro, confidando unicamente nel favore popolare verso la Catalani, la quale, una volta chiuso il teatro, fu costretta a riprendere i viaggi. Dopo il 1830, si ritirò nella sua villa presso Firenze. Cfr. P. A DKINS CHITI, Almanacco delle virtuose, primedonne, compositrici e musiciste d’Italia cit., pp. 174-175. 16 Jean-Urbain Guérin nacque a Strasburgo nel 1761 e si trasferì a Parigi nel 1785, dove frequentò gli altri artisti alsaziani presenti nella capitale, in particolare Jean-Baptiste Weyler. Guérin fu artista modesto, che operò all’ombra dei più celebri miniaturisti Jean-Baptiste Isabey e Jean-Baptiste Jean Augustine, anche se la sua opera è stata rivalutata dalla critica agli inizi del Novecento. C. J EANNERAT, Les petits portraits dans le goût pompéien deJ ean-Urbain Guérin, in «Gazette des beaux-arts», n. 6, 1922, pp. 353-364. 14 5 eseguita presumibilmente agli inizi dell’Ottocento, quando la cantante si trovava a Parigi. Della stessa cantante esiste un’altra miniatura, che presenta stringenti analogie con la precedente, tanto da far ipotizzare che una delle due opere debba essere stata utilizzata come modello per l’altra. 17 Questa seconda ‘versione’ della miniatura di Angelica Catalani fu eseguita presumibilmente da André Leon Larue, detto Mansion, 18 come attesta l’iscrizione presente sull’opera. Possiamo però osservare che mentre la figura ritratta da Guerin mostra somiglianze con l’altro celebre ritratto eseguito nel 1806 da Élisabeth Vigée-Le Brun, la miniatura di Mansion è caratterizzata da una esecuzione abbastanza convenzionale e statica della figura, che lascia supporre una derivazione successiva sulla base del modello di Guerin. L’arte del ritratto in miniatura aveva avuto il momento di massimo splendore nel primo Settecento con l’opera di Rosalba Carriera, la quale aveva introdotto l’utilizzo di sottili ‘tavolette’ di avorio come supporto, in luogo della pergamena 19 e stava vivendo in questo periodo l’ultima importante stagione, prima dell’avvento della fotografia nel 1839, che ne decreterà il declino. La funzione sociale, ma soprattutto privata, legata alla sfera degli affetti, del ritratto in miniatura ne aveva decretato un successo intensificato anche dalla pubblicazione di veri e propri Giuseppe Fantaguzzi (attr.), Ritratto giovanile di Ciro Menotti che suona la chitarra, 1820-30, tempera su avorio, diametro 7,5 manuali di miniatura, 20 che favorirono cm (Modena, Museo Civico del Risorgimento) l’esperienza autodidatta. 21 Il Museo Civico del Risorgimento di 17 È però difficile, allo stato attuale delle conoscenze, giungere ad un’ipotesi definitiva, poiché i due artisti a cui sono attribuite le miniature furono pressoché contemporanei. 18 André Leon Larue, detto Mansion (Nancy 1785 - Parigi 1843) si formò presso suo padre Jacques Larue ed in seguito presso il maestro di miniatura Jean-Baptiste Isabey. Tra il 1808 ed il 1834 Mansion ebbe occasione di esporre le sue opere al Salon de Paris. Lavorò per qualche tempo per la fabbrica di porcellanedi Sèvres. Nel 1829 enel 1831 espose a Londra alla Royal Academy. 19 L’avorio consentiva infatti la creazione di particolari effetti di luce nelle parti risparmiate dai tocchi di colore ad acqua. «I colori, sciolti in acqua con la giusta dose di gomma arabica e con l’eventuale aggiunta di un pezzetto di zucchero candito per dare maggiore brillantezza alle tinte, venivano distribuiti, dopo il primo abbozzo, secondo due metodi di stesura, “punteggiato” e “tratteggiato”. La superficie così dipinta, estremamente delicata – essendo i colori, tutti a base d’acqua, molto vulnerabili – veniva infine protetta con un vetro leggermente bombato, fissato all’avorio lungo i margini da una sottile pergamena che sigillava l’opera a tergo, senza impedire al supporto, soggetto a leggere deformazioni legate alle condizioni atmosferiche e agli sbalzi di temperatura, di muoversi e traspirare»,B. FALCONI , Il ritratto in miniatura a Brescia tra Settecento e Ottocento, in Giambattista Gigola e il ritratto in miniatura a Brescia tra Settecento e Ottocento, a cura di B. Falconi, F. Mazzocca, A.M. Zuccotti, Milano, Skira, 2001, pp. 9-10. 20 Questi manuali furono dati alle stampe a Milano tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell’Ottocento: G. GALEAZZI , Trattato di miniatura per imparare facilmente a dipingere senza Maestro, e la dichiarazione di molti Segreti per fare i più bei Colori; colla maniera di far l’oro brunito, l’oro in conchiglie, e la vernice della china, Milano, stamperia G. Galeazzi, 1758; S. TICOZZI , Il maestro di miniatura a guazzo ed all’acquarello. Opera dedicata alla gioventù nella quale si danno i principij dell’arte di dipingere i paesi, i ritratti, i fiori, ecc., Milano, P. e G. Vallardi 1820. 21 Troviamo testimonianza della diffusione di questa attività miniaturistica anche nelle Ultime lettere di J acopo Ortis, quando, il 26 ottobre, Jacopo giungendo a casa di Teresa trova la sua amata «seduta miniando il proprio ritratto», U. FOSCOLO, Ultime lettere di J acopo Ortis, Milano, Garzanti, 1989, p. 10. , 6 Modena conserva un ritratto di Ciro Menotti in miniatura realizzato a tempera su avorio e attribuito al pittore modenese Giuseppe Fantaguzzi (Modena 1771 - 1837). 22 Il patriota è raffigurato mentre suona la chitarra, strumento che fu apprezzato, come è noto, anche da altri importanti esponenti della cultura e della politica tra Settecento e Ottocento, quali Vittorio Alfieri, 23 Massimo D’Azeglio, Ugo Bassi, Giuseppe Mazzini. Del resto la musica costituiva una delle discipline formative dei giovani delle classi sociali più elevate e la chitarra in particolare ben si prestava ad un utilizzo più intimo nel contesto domestico. Grazie all’intensa attività ritrattistica di questi anni e alla riproduzione meccanica delle immagini, su opuscoli, frontespizi e testi a stampa, attuata attraverso la litografia, a partire dal 1796, anno della sua invenzione, sono giunti fino a noi i ritratti di importanti chitarristi e compositori per chitarra dell’Ottocento, quali Bartolomeo Bortolazzi (1773 - ?) chitarrista e virtuoso del mandolino, e Ferdinando Carulli (1770 - 1841) chitarrista, compositore e didatta dello strumento, il quale venne ritratto da Anne-Louis Girodet de Roucy Trioson a Parigi, città in cui il musicista trascorse gran parte della sua vita.  Joseph Kattner, Bartolomeo Bortolazzi, acquaforte di Anne-Louis Girodet de Roucy Trioson, Ferdinando  Johann Gottfried Scheffner, 17 x 12,5 cm (Parigi, Carulli, stampa di Etienne Bouchardy, (Parigi, Bibliothèque nationale de France) Bibliothèque nationale de France) 22 A. GARUTI, Approccio all’iconografia su Ciro Menotti, in La congiura estense, atti del convegno internazionale (Modena, Carpi, Spezzano, 7-8-9 maggio 1998), Modena, Il Fiorino, 1999, p. 421. 23 Come narra nell’Epoca Quarta della sua Vita, Vittorio Alfieri nel 1775 si trovava a Cezannes, borgo tra il Piemonte e il Delfinato: «torno a quel mio ritiro estivo in Cezannes, dove, oltre l’Abate letterato, aveva anche meco un Abate citarista, che m’insegnava suonar la chitarra, stromento che mi parea inspirare poesia, e pel quale una qualche disposizione avea; ma non poi la stabile volontà, che si agguagliasse al trasporto che quel suono mi cagionava. Onde né in questo stromento, né sul cimbalo, che da giovane avea imparato, non ho mai ecceduta la mediocrità, ancorché l’orecchio e la fantasia fossero in me musichevoli nel sommo grado. Passai così quell’estate fra codesti due Abati, di cui l’uno mi sollevava dalla angoscia per me sì nuova (dell’applicar seriamente allo studio) col suonarmi la cetra; l’altro poi mi facea dar al diavolo col suo francese. Con tuto ciò deliziosissimi momenti mi furono, ed utilissimi, quelli in cui mi venne pur fatto di raccogliermi in me stesso, e di lavorare efficacemente a disrugginire il mio povero intelletto, e dischiudere nella memoria le facoltà dell’imparare», V.ALFIERI, Vita, Milano, Garzanti, 1977, p. 156. 7  Tra i ritratti di chitarristi ottocenteschi, uno dei più celebri è senza dubbio quello di Mauro Giuliani (1781 - 1829), conosciuto attraverso l’incisione di Johann Friedrich Juegel, datata 1810, pubblicata da Artaria, ed eseguita su un disegno di Philipp von Stubenrauch, 24 pittore e incisore, di cui si conosce l’attività di esecutore di ritratti in miniatura, quale doveva essere con ogni probabilità il modello da cui è stata ricavata questa incisione. Sappiamo che Mauro Giuliani si trovava Vienna a partire dal 1808, città in cui acquisì una crescente popolarità e consenso nell’ambiente musicale viennese. Tra il 1814 ed il 1815, Giuliani partecipò come chitarrista ad una serie di serate musicali nei giardini botanici del palazzo reale di Schönbrunn, alla presenza della famiglia reale e della corte, con il pianista J.N. Hummel, il violinista J. Mayseder, il violoncellista Merck, e un flautista. Philipp von Stubenrauch, Mauro Giuliani, acquaforte di Il violinista J. Mayseder, un flautista, il chitarrista M.  Johann Friedrich Juegel, 25 x 19 cm (Parigi, Bibliothèque Giuliani, il pianista J.N. Hummel, il violoncellista Merck nationale de France) nell’orto botanico di Schonbrunn dal frontespizio della prima edizione di J .N. Hummel, Grande Serenade en Potpourri, pour le Piano Forte, Violon, Guitarre, Clarinette et Basson (ou Flute et Violoncelle), Oevres 63, 66, Vienna 1814-15, Artaria (Copenhagen, The Royal Library) Per questa occasione, Johann Nepomuk Hummel compose le Grandes Serenades en Potpourri, pour le Piano Forte, Violon, Guitarre, Clarinette et Basson (ou Flute et Violoncelle), Oevres 63, 66. Sul frontespizio della prima edizione, edita da Artaria, troviamo una piccola incisione, in cui Giuliani è ritratto insieme agli altri musicisti. Questa miniatura, molto importante 24 Philipp von Stubenrauch (Vienna 1784 - 1848), pittore ed incisore, fu direttore dei laboratori di costume dei teatri imperiali e illustrò i disegni originali dei creatori di moda viennesi, di cui si conservano riproduzioni in tavole colorate a mano. Nel 1830, disegnò il mantello dell’Impero Austriaco commissionato dall’Imperatore Francesco I d’Austria, e nel 1838, le vesti dell’incoronazione del Regno Lombardo-Veneto. Neues allgemeines Künstler-Lexikon, a cura di G.K. Nagler, XVII, Monaco, 1847, pp. 506-507. 8 poiché è una delle poche raffigurazioni rimaste di Mauro Giuliani, 25 è citata nel fondamentale articolo di Philip J. Bone 26 ed è stata in pubblicata da Thomas F. Heck in un suo studio. 27 Il maestro del Neoclassicismo pittorico lombardo Andrea Appiani (Milano 1754 - 1817) ritrasse, negli anni tra il 1805 e il 1810, su una tela conservata presso la pinacoteca Ambrosiana di Milano, 28 la ballerina francese Caroline Pitrot, sposa del coreografo Pietro Angiolini, nell’atto di suonare una chitarra. La raffigurazione è caratterizzata da una grande naturalezza dei gesti e da un particolare realismo espressivo, messo in rilievo dal calore della luce, in contrasto con lo sfondo paesistico in lontananza caratterizzato da tonalità scure. Il ritratto di Caroline Pitrot è interessante da un punto di vista strettamente musicale, per quanto riguarda la ricerca della posizione ottimale per suonare lo strumento, uno dei problemi più importanti che i chitarristi del primo Ottocento dovettero affrontare. Andrea Appiani, Ritratto di Carolina Pitrot Angiolini,  Jules David, Ritratto di Matteo Carcassi, anni ’30 1805-10 ca, olio su tela, 44 x 34 cm (Milano, Pinacoteca dell’Ottocento, litografia (Parigi, Bibliothèque Nationale Ambrosiana) de France) Come spiega Mario Dell’Ara, nel suo fondamentale studio sull’iconografia chitarristica ottocentesca, «la chitarra dell’Ottocento è uno strumento decisamente più grande di quello barocco, 25 Da una lettera inviata da Mauro Giuliani il 23 luglio 1822 da Roma, all’amico editore Domenico Artaria, e riportata da Marco Riboni, si deduce che furono eseguiti almeno altri due ritratti di Mauro Giuliani: «da una vostra seppi che si ritrova in vostro potere il ritratto che mi fece il Sig. Stiller, tenetelo pure in segno di memoria, e so che vi sarà molto caro, prima per la mano dell’artefice, e poi per il mostruoso muso di Mauro che avete sempre voluto bene, e me ne vanto; ma vi prego, a norma del fatto di rimettermi l’altro ritratto che mi fece il Sig. Letron in disegno che si ritrova anche da voi, come da v.ra si rileva», M. RIBONI, Mauro Giuliani, un aggiornamento biografico. Parte seconda, in «Il Fronimo», XXI, n. 82, 1993, pp. 40-41. 26 P.J. BONE, Mauro Giuliani, biographical sketch, in «Guitar Review», n. 18, 1955, pp. 171-174. 27 T.F. HECK , Mauro Giuliani 1781-1829, un omaggio in occasione del bicentenario della nascita e un nuovo ritratto, in «Il Fronimo», IX, n. 37, 1981, pp. 48-52. 28 M. ROSSI - A. ROVETTA , La Pinacoteca Ambrosiana, Milano, Electa, 1998, p. 234; I colori della musica, a cura di F. Buzzi e M. Navoni, Milano, Luni Editrice, 2004, p. 180. 9 ma non ancora delle dimensioni tali da poter essere comodamente suonato come quello moderno. Il suo diapason si assesta sui cm 63, ma verso la metà del secolo tocca già i cm 65». 29 Caroline Pitrot è qui raffigurata mentre pizzica delicatamente le corde appoggiando lo strumento sulla coscia destra, una modalità che si confaceva a chi desiderava eseguire un semplice accompagnamento musicale. Osservando lo strumento dipinto notiamo inoltre alcune delle varianti introdotte nell’Ottocento rispetto alla chitarra sei-settecentesca, quali, oltre al già citato aumento della cassa armonica, l’adozione definitiva delle corde semplici aumentate a sei, e la diversa forma della paletta, che in questa prima fase troviamo sagomata a forma di otto, secondo una moda diffusa soprattutto in Italia già dalla fine del Settecento. 30 Nel ritratto del chitarrista e compositore Matteo Carcassi eseguito da Jules David, ritroviamo, oltre alla paletta a forma di otto con sei piroli di legno posteriori infissi trasversalmente, la stessa tipologia di tastiera del ritratto di Caroline Pitrot, non ancora prolungata sul piano armonico, come invece noteremo in raffigurazioni successive. Matteo Carcassi (1792 - 1853), una delle figure più importanti del panorama chitarristico ottocentesco, nacque a Firenze nel 1792, e si trasferì a Parigi nel 1820, città in cui raggiunse una vasta fama fino al 1840, anno in cui si ritirò dall’attività concertistica. Il ritratto è stato probabilmente eseguito intorno al 1836, quando il maestro diede alle stampe il suo metodo per la chitarra 31 e quando Jules David, 32 celebre illustratore di moda e litografo, cominciava ad affermarsi nella capitale francese in seguito all’esposizione al Salon de Paris del 1834. Nel ritratto, Carcassi assume una posizione adatta ad eseguire passi virtuosistici, tenendo la chitarra molto inclinata e appoggiata sulla coscia sinistra fino a toccare il bordo della sedia e con il piede sinistro appoggiato su un cuscino rigido; 33 tale postura si affermò in seguito nella prassi concertistica. In analoga posizione troviamo Giulio Regondi (1822 - 1872), una delle figure principali del romanticismo chitarristico, in due ritratti eseguiti nel 1831, in occasione dei concerti tenuti a Londra, 34 poco dopo il suo debutto a Lione come bambino prodigio all’età di circa otto anni, 29 M. DELL ’A RA, Iconografia della chitarra, parte quarta: secoli XVIII e XIX, in «Il Fronimo», XI, n. 42, 1983, pp. 3031. 30 Ivi, p. 32. 31 M. CARCASSI , Méthode complète pour la guitare: divisée en trois parties, op. 59, Paris, Troupenas, 1836. 32 Jules David (Parigi 1808 - 1892) fu pittore, litografo e profondo innovatore nel campo dell’illustrazione della moda, introducendo scene tratte dalla quotidianità al posto delle convenzionali figure rigide e isolate. Allievo del pittore Pierre Duval Le Camus, cominciò nel 1824, mettendo il suo dono di osservazione e la facilità di matita al servizio degli editori di stampe, cui fornì una varietà di paesaggi e di interni di gusto gotico. L’artista litografò molte immagini per libri, ma anche per i periodici, in particolare Le Moniteur des Dames et des Demoiselles. Collaborò inoltre con l’editore Boubaud Adolphesu Le Moniteur de la Mode disegnando tutte le lastre di moda per questo periodico dal 1843 fino alla sua morte nel 1892. 33 M. DELL ’A RA, Iconografia della chitarra, parte quarta: secoli XVIII e XIX cit., p. 31. 34 Regondi si esibì a Londra nel 1831 nei concerti del 22 e29 giugno, 18, 20, 22 e 23 luglio e ancora il 3 settembre. Alla prima esibizione fu presente la Famiglia Reale e deve pure aver assistito a uno dei concerti Niccolò Paganini; P.J . BONE,  The Guitar and Mandolin, London, Schott & Co, 1954, pp. 247-249; P. PIETERS, I bambini-prodigio della chitarra nella prima metà dell’Ottocento, in «Il Fronimo», XXV, n. 100, 1997, pp. 93-98. Se in un primo tempo la stampa inglese accolse il piccolo chitarrista con un certo cinismo, in seguitò il tono si modificò fino a raggiungere note entusiastiche, come si evince, oltre ai noti articoli del  The Harmonicon, anche in questo articolo del  The London Literary Gazette and Journal of Belles Lettres, Arts, Sciences, etc. del 16 luglio 1831: «MUSICAL GENIUS. Among the precocious instances of musical genius which we have recently heard, we have been especially delighted with a charming boy, between eight and nine years of age, of the name of Jules Regondi, who plays the guitar like one of the little angels in a picture by Romano, or some other great Italian painter. This fair child, with flaxen hair hanging in a cluster over his shoulders, is a very striking object; and when touching his instrument, which he does with wonderful skill and effect, can hardly be contemplated without feelings almost above admiration. He is the Paganini of the guitar. We observe from French journals that his beauty and talent made quite a sensation in Paris; and already in London he has been much noticed by her Majesty and many persons of distinction. He played with great éclat at the fête given last week by Lord and Lady Farnborough, at Bromley; and is, we believe, about to appear before the public in a concert, assisted by nearly all the distinguished professors at the present amongst us. We are so interested in him, that we hope 10 avvenuto tra il 1827 e il 1829, e dopo i concerti tenuti a Parigi nel 1829-30. Un primo ritratto, 35 su disegno di A. Weber e litografato da Engelmann, rappresenta il chitarrista bambino a figura intera rivolto verso lo spettatore, con i capelli lunghi ed un ditale che favorisce l’appoggio del mignolo alla cassa armonica, mentre suona una chitarra di stile francese con paletta di forma neoclassica. 36 Nel secondo ritratto, riprodotto attraverso una litografia realizzata da Mott, il piccolo Giulio Regondi è raffigurato con vesti, pettinatura e postura analoghe al precedente, durante il concerto tenuto al Royal Adelphi Theatre di Londra il 3 settembre 1831. A. Weber, J ules Regondi age de 8 ans, litografia di Giulio Regondi, The Young Guitar player as he appeared Engelmann, 1831 (Londra, Royal Academy of Music) on the 3rd of Sepr. at the Royal Adelphi Theatre, 1831 ca, litografia di Mott (New Y ork, Public Library, Muller Collection) La cultura figurativa dell’Ottocento in Italia, come abbiamo visto, si è sviluppata a partire dall’affermazione di un nuovo atteggiamento verso la storia antica. All’interesse erudito-filologico per il passato classico greco e romano, proprio della cultura ‘archeologica’, la polemica romantica anticlassicista oppose ben presto una rivalutazione dell’età medievale, letta nell’ottica di strumento di coesione popolare, in evidente relazione con le lotte risorgimentali e la delicata e controversa this notice will promote his success.», «The London Literary Gazette and Journal of Belles Lettres, Arts, Sciences, etc.», n. 756, 16 luglio 1931. 35 Sotto la figura si legge: «JULES REGONDI / agé de8 ans / Ai-je bien joué?». 36 Alla British Library di Londra esiste un’altra litografia di Engelmann dello stesso periodo, in cui si legge «Giulio Regondi. 24 Duke St., St. James’s, London», pubblicata da John Churchill. Il chitarrista venne ritratto dieci anni più tardi, nel 1841, in una litografia di J osef K riehuber eseguita a Vienna e pubblicata sulla copertina dell’edizione Chanterelle delle opere per chitarra di Regondi. Del musicista esistono anche due ritratti fotografici: il primo, un dagherrotipo di Laroche del 1852, noto soltanto attraverso litografia, compare nel testo di P.J .BONE, The Guitar and Mandolin cit., p. 250; il secondo ritratto fotografico fu realizzato a Londra dalla ditta Elliott & Fry e appare in copertina all’edizione dei  Ten Etudes for Guitar. Si veda A.B. AMISICH, Giulio Regondi (1822 - 1872). Documentazione in www.ivanopaterno.it/web_01/conservatorio/concertina/regondi/giulio_regondi.htm, 1995, p. 54. 11 opera di unificazionenazionale. La ricerca artistica in Italia oscilla dunque per tutto il secolo tra una specificità connotata da un costante impegno civile, che la differenzia dai coevi movimenti europei, e il tentativo di adeguamento alla cultura d’oltralpe, da cui provengono stimoli importanti. Le tensioni politiche, che prepararono e seguirono il 1848, decretarono il tramonto dell’illusione romantica di ottenere profondi rinnovamenti senza rotture, e il disagio, che ne seguì, portò, in campo artistico, a fughe verso l’evocazione di ambientazioni fantastiche e disimpegnate, oppure a una maggiore attenzione verso i fenomeni sociali con l’apertura verso le tradizioni popolari, i dialetti, la vita dei contadini. Un limite peculiare della pittura di storia italiana fu quello però di essersi presto trasformata in ‘pittura di genere’, sotto la spinta di una critica conservatrice e di un pubblico che vedeva nei quadri di piccole dimensioni un oggetto di arredamento preferito a quelli di grandi dimensioni. Le mostre organizzate dalle Società promotrici di Belle Arti dagli anni Quaranta in poi, favorirono la creazione di un nuovo mercato aperto a ogni genere di pittura – religiosa, di paesaggio, di costume – nonché a copie di quadri già famosi. Giovanni Boldini, El matador, 1873, olio su tela, 26 x 35 cm (Genova, collezione Carige) La chitarra appare protagonista di due dipinti con scena di genere di ambientazione spagnola, di formato ridotto, ma sorprendenti per la qualità e lo strabiliante virtuosismo dell’esecuzione, realizzati da Giovanni Boldini (Ferrara 1842 - Parigi 1931) intorno al 1873. 37 Il maestro ferrarese 37 Sempre in un’ambientazione spagnola Boldini realizzò un dipinto raffigurante un anziano torero nell’atto di suonare il mandolino. L’interesse per la musica da parte del pittore appare anchein diversi dipinti raffiguranti fanciulle e signore al pianoforte, oltre che nei numerosi ritratti di musicisti, quali il Ritratto del maestro Emanuele Muzio, il Ritratto del 12 era da poco tempo arrivato a Parigi, 38 dove lavorò presso il celebre mercante Goupil, il quale condizionò per lungo tempo il gusto della borghesia e dei nuovi ricchi tra la vecchia Europa ed il nuovo Continente. In entrambi i dipinti, pullulanti di pennellate nelle stoffe e negli oggetti, e caratterizzati da colori brillanti, è raffigurato un giovane torero seduto con fare disinvolto su un tavolo di legno mentre osserva una graziosa fanciulla in costume vezzoso, la quale, nel quadro conservato a Williamstown, suona la chitarra, mentre nell’altro appartenente alla collezione Carige di Genova, 39 è colta in un momento di riposo con la chitarra in mano mentre osserva i pappagalli. La Spagna esercitava allora su Boldini una forte attrazione, che, ancor più della grande pittura spagnola, aveva a che fare con quel fascino dell’esotico allora tanto in voga incarnato dal pittore catalano Mariano Fortuny 40 e che costituiva la variante speziata alle zuccherose atmosfere settecentesche di altre scene di genere fortemente richieste dal mercato artistico di questo periodo. Alla cerchia di artisti di Goupil afferiva anche il romano Antonio Mancini (Roma 1852 - 1930), i cui poveri scugnizzi napoletani risultarono, attraverso il pullulare virtuosistico del colore, soggetti interessanti, di una vitalità primitiva, posta agli antipodi della brillante vita quotidiana degli acquirenti della maison parigina. Nel 1877, Mancini dipinse infatti a Parigi i Saltimbanchi suonatori, 41 e lo Scugnizzo con chitarra, i quali combinano le due iconografie tipiche dell’artista, quali gli scugnizzi napoletani, e il mondo del circo, non solo nell’abbinamento delle figure principali ai manifesti Giovanni Boldini, Serenata, 1873, olio su tela, 41,3 x 34,3 cm sullo sfondo, ma nel modello stesso, (Williamstown, Sterling & Francine Clark Art Institute) quel Luigiello, piccolo artista circense che presterà il suo volto pianista A. Rey Colaco, entrambi realizzati nel 1883, e i due celebri e straordinari ritratti di Giuseppe Verdi eseguiti, uno ad olio e l’altro a pastello, nel 1886. 38 Cfr. Giovanni Boldini nella Parigi degli Impressionisti, a cura di S. Lees, catalogo della mostra (Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 20 settembre 2009 - 10 gennaio 2010), Ferrara, Ferrara Arte, 2009, pp. 95-105. 39 P.DINI - F. DINI, Giovanni Boldini 1842-1931. Catalogo ragionato, Torino, Allemandi, 2002, p. 92; F. MAZZOCCA , Il fascino esotico della Spagna nel ‘Matador’ di Giovanni Boldini, in «La Casana», XLVIII, n. 1, 2006, pp. 22-27. 40 Mariano Fortuny (Reus 1838 - Roma 1874), pittore catalano gestito a Parigi dallo stesso mercante di Giovanni Boldini, Adolphe Goupil, fu uno degli artisti più rilevanti del panorama artistico ottocentesco spagnolo; cfr. R. CAMPANA, Parigi: la pittura alla moda tra la nostalgia del Settecento e l’immagine della città moderna, in Boldini, a cura di F. Dini, F. Mazzocca, C. Sisi, catalogo della mostra (Padova, Palazzo Zabarella, 15 gennaio - 29 maggio 2005), Venezia, Marsilio, 2005, pp. 117-172. 41 Esiste un altro dipinto con analogo soggetto, I duesaltimbanchi suonatori seduti della collezione Rossello di Milano. 13 malinconico e corrucciato al celebre Saltimbanco del 1879. 42 Alla descrizione narrativa dei fanciulli, che egli ritraeva dal vero nel suo studio nel centro antico di Napoli, con sintetiche e dense pennellate di colore, nelle quali i vecchi schemi del linguaggio verista apparivano già superati, si sostituisce ora una maggiore attenzione alla composizione della scena ed un originale uso della luce, che deriva dall’assimilazione della pittura degli impressionisti, che Mancini ebbe modo di conoscere nei soggiorni che fece a Parigi nel 1875 e nel 1877-78. Antonio Mancini, Saltimbanchi suonatori, 1877, olio su Antonio Mancini, Scugnizzo con chitarra, 1877, olio su tela, 47 x 38 cm (Collezione privata) tela, 82 x 65 cm (Collezione privata) Altri importanti artisti italiani esercitarono il proprio talento figurativo su soggetti tratti dalla realtà popolare, in scene di genere, in cui la chitarra diviene spesso protagonista, come nella Chitarra restaurata 43 realizzata nel 1881 dal pittore veneziano Giacomo Favretto (Venezia 1849 1887), in cui un uomo anziano è colto nell’atto di restaurare una chitarra in un interno disadorno, ma ricco strumenti musicali e oggetti sapientemente distribuitivi e resi cromaticamente. Queste scene di genere, indubbiamente interessanti dal punto di vista artistico, testimoniano anche la vasta diffusione a livello popolare della chitarra e la sua fruizione trasversale ai vari livelli sociali, fenomeno che connota la storia dello strumento in tutte le epoche, in un complesso intreccio tra musica popolare e musica colta. 42 D. CECCHI, Antonio Mancini, Torino, UTET, 1966, p. 320; E. CECCHI, La pittura italiana dell’Ottocento, Bologna, M. Boni Editore, 1988, pp. 138-140. 43 G.PEROCCO - R. TREVISAN, Giacomo Favretto, Torino, Allemandi, 1996, pp. 122-123. 14 Giacomo Favretto, La chitarra restaurata, 1881, olio su tela (Milano, collezione Rossello) Diversi dipinti italiani degli ultimi decenni dell’Ottocento testimoniano la consuetudine secondo la quale le donne delle classi sociali più elevate, in Italia, così come nel resto d’Europa, si dilettavano a suonare gli strumenti a corde pizzicate, soprattutto chitarra e mandolino, riunendosi in ensembles musicali e svolgendo così un importante lavoro di diffusione dello studio di questi strumenti fino a tutta la prima metà del Novecento. 44 Vittorio Reggianini, Elegant figures in an interior, olio su tela, 62,9 x 82,5 cm (Collezione privata) 44 Cfr. U. ORLANDI , Mandolino e chitarra: repertorio e contesto musicale nella prima metà del Novecento, in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del Novecento, a cura di S. Boni, Modena, Mucchi, 2009, pp. 238-241. 15 Parallelamente, in campo artistico, si assiste ad un revival dello stile neoclassico, soprattutto nel campo della moda e dell’arredamento, e furono molti gli artisti, che dipinsero scene di genere ambientate in interni arredati in stile Direttorio e Impero. Tra questi, il modenese Vittorio Reggianini, 45 realizzò una serie di tele raffiguranti eleganti scene di vita borghese, rese con un uso magistrale della luce e del colore, che evidenzia la trama ricca e il satinato degli abiti delle dame intente a suonare in interni sontuosi e raffinati. In questo clima culturale di fine Ottocento in cui, come si diceva, riecheggiano temi estetici dei primi decenni del secolo, non stupisce che alcuni pittori riscoprano nelle loro opere strumenti come la lira-chitarra, che ritroviamo in una tela del pittore Edoardo Gelli (Savona 1852 - Firenze 1933). Il riaffiorare di queste suggestioni verso l’antico e la mitologia, mischiate al nuovo gusto per l’esotico e l’insolito, forniranno le basi per la nascita della nuova corrente artistica europea dell’Art Nouveau – Liberty in Italia – e parallelamente accompagneranno il rifiorire della ricerca in ambito chitarristico, agli inizi del Novecento, con le sperimentazioni organologiche di Luigi Mozzani (1869 1943), chitarrista, liutaio e compositore, la cui attività raccolse e rielaborò l’eredità chitarristica ottocentesca attraverso una concezione più moderna dello strumento. Edoardo Gelli, Sweet tones, olio su tela, 109 x 65,5 cm (Collezione privata) 45 Vittorio Reggianini (Modena 1858 - Roma 1939) si formò presso l’Istituto d’Arte modenese, accanto a Gaetano Bellei e a Eugenio Zampighi, sotto la guida di Antonio Simonazzi. Nel 1885, si trasferisce a Firenze, e fu in questo periodo che, supportato dall’antiquario Pisani, Reggianini si affermò sulla scena internazionale, sulla scia del Fortuny e del Meissonier, con una disimpegnata pittura di genere in costume. Lo stile della sua pittura si spostò decisamente dal realismo locale storico, che ha caratterizzato i suoi primi lavori, al nuovo gusto extraeuropeo di ambientazione neoimpero. G.MARTINELLI BRAGLIA , Vittorio Reggianini, in La Pittura in Italia. L´Ottocento cit., p. 939. 16